Nel black out informativo causato dalla chiusura delle reti telefoniche e internet nella regione ribelle del Tigray continuano ad emergere versioni contrastanti e in alcuni casi opposte. La capitale del Tigray, Makallè, conquistata dall’esercito federale la scorsa settimana sarebbe, secondo il governo, pacificata: i media mostrano i residenti che si muovono nelle strade tranquille. Nel contempo le agenzie rilanciano foto con barricate erette, secondo il leader del Tplf, Gebremichael Debretsion, per protestare «contro il saccheggio da parte dei soldati occupanti» (entrambe le versioni potrebbero essere vere, ma riferite a giorni diversi).

Debretsion ha, inoltre, affermato che in città i soldati eritrei «sono ovunque», ma l’Etiopia e l’Eritrea negano.

Il governo di Addis Abeba sostiene, poi, di aver catturato o eliminato la maggior parte dei leader del Tplf «inclusi generali e comandanti»: fra gli arrestati vi sarebbe anche l’ex speaker della Camera alta dell’Etiopia Keria Ibrahim, secondo l’emittente Ebc, ma non Gebremichael Debretsion.

SUL PIANO UMANITARIO gli aiuti, sebbene sia stato siglato un accordo tra il governo etiope e le Nazioni unite, stentano ad arrivare perché, secondo il portavoce Onu Saviano Abreu «dobbiamo assicurarci lo stesso tipo di accordo con tutte le parti in conflitto». Anche sui combattimenti fonti Tplf contattate dalla Bbc sostengono che «gli scontri sarebbero ancora in corso vicino alla città», ma il ministro etiope Zadig Abraha smentisce. Una risposta potrebbe, tuttavia, arrivare nei prossimi giorni perché Ethio Telecom ha iniziato a ripristinare le comunicazioni nel Tigray, come aveva chiesto la Commissione etiope per i diritti umani (Ehrc) per consentire «indagini indipendenti e trasparenti su gravi violazioni avvenute».

Un team della Commissione ha redatto un report preliminare sul massacro più significativo sinora conosciuto, avvenuto lo scorso 9 novembre a Maikadra: almeno i 600 morti. Lo staff di Ehrc ha potuto visitare, tra il 14 e il 19 novembre le città di Maikadra, Abrhajira, Sanja, Gondar, Dansha e Humera e ha raccolto testimonianze e prove da vittime, testimoni oculari, famiglie delle vittime, primi soccorritori, personale militare e autorità governative: ha visitato ospedali e parlato con i sopravvissuti. A Maikadra in quei giorni erano presenti lavoratori agricoli stagionali provenienti dalla regione Amhara per lavorare nelle grandi fattorie di sesamo e miglio situate alla periferia della città. Gli stagionali (saluks) vivono prevalentemente nel quartiere di Genb Sefer: fino a 15 persone per abitazione. Con l’inizito del conflitto nel Tigray, le persone di origine Amhara avrebbero iniziato a subire vessazioni spiega Ehrc: «Ai saluks era vietato circolare liberamente nel paese, recarsi al lavoro e perfino rientrare nel luogo di residenza abituale: la polizia locale e le milizie avrebbero chiuso tutti i punti di uscita da Maikadra.

IL 9 NOVEMBRE 2020, giorno dell’attacco, dalle ore 11 in poi, la polizia, scrivono i ricercatori di Ehrc, ha iniziato a controllare le carte d’identità per distinguere i tigrini dagli altri facendo irruzione in tutte le abitazioni dei quartieri abitati in particolare dagli Amhara: hanno identificato le persone e distrutto (o requisito) le carte sim sia della compagnia telefonica etiope che di quella sudanese, questo, secondo la Commissione, per impedire qualsiasi comunicazione o richiesta di aiuto durante l’attacco. Infatti, a partire dalle 15 ore polizia locale, milizie e giovani Samri (un gruppo giovanile informale) hanno fatto incursione a Genb Sefer. Dopodiché è iniziato il massacro delle persone pre-identificate in base all’appartenenza etnica (Amhara). L’attacco è continuato per tutta la notte finché alle prime ore del mattino è entrato in città l’esercito federale.

Tuttavia, non si tratta di una storia in bianco e nero, infatti, continua il report della Ehrc, «sebbene sia confermato che gli autori del massacro sono stati giovani tigrini, testimoni raccontano di essere stati protetti da altri tigrini, che hanno salvbato molte persone accogliendole nelle loro case, nelle chiese e nelle fattorie. In particolare si segnala «una donna tigrina che ha nascosto 13 persone» e un’altra donna, sempre tigrina, ferita al braccio con un machete mentre cercava di difendere un uomo dagli aggressori.

L’ATTACCO A MAIKADRA, concludono dalla Commissione, «non è un semplice atto criminale, ma una grave violazione premeditata e attentamente coordinata dei diritti umani». Sempre sul piano non assertivo Meskerem (opposizione eritrea) riferisce che le autorità eritree hanno arrestato 500 soldati che si sono rifiutati di prendere parte al conflitto nel Tigray.

Sul piano politico è iniziato il processo per stabilire la data delle elezioni nel 2021. Il primo ministro Abiy Ahmed ha avviato le consultazioni con i partiti e la società civile.