Il procuratore generale degli Stati uniti e strenuo difensore di Trump, William Barr, si è dimesso, settimane dopo aver pubblicamente contraddetto il presidente riguardo le accuse di frode elettorale.

Mentre The Donald subito dopo il risultato delle elezioni prometteva fuoco e fiamme e di rifarsi sui massimi esponenti della giustizia, proprio uno di questi custodi, Barr, aveva improvvisamente dichiarato che il Dipartimento di Giustizi non aveva nessuna prova di brogli elettorali. Le voci su una sua possibile uscita dalla Casa bianca sono iniziate subito dopo.

Barr è solo l’ultimo alto funzionario a lasciare la Casa bianca dopo aver sfidato la realtà alternativa del presidente; il mese scorso era stato licenziato il massimo esperto di sicurezza informatica negli Usa, Christopher Krebs, reo di aver rassicurato riguardo l’affidabilità delle elezioni del 2020.

Quella di Barr, però, è una defezione ancora più rumorosa, vista la sua fedeltà al tycoon che gli ha più volte attirato l’accusa di minare l’indipendenza della magistratura e di sacrificare l’impegno verso lo stato di diritto per eseguire gli ordini del presidente, sin dall’inizio.

Alcune settimane dopo la sua conferma al Senato, Barr aveva scagionato Trump dall’accusa di ostruzione alla giustizia, anche se il rapporto di Robert Mueller aveva identificato ben 10 accuse credibili.

In seguito, testimoniando davanti al Congresso, aveva difeso con arroganza la risposta aggressiva delle forze dell’ordine alle proteste a Portland e in altre città statunitensi dove i cittadini si opponevano alle politiche di Trump.

È intervenuto nei casi degli alleati e amici di Trump, come Michael Flynn e Roger Stone, e si è scagliato contro i lockdown locali indetti per cercare di arginare la pandemia. In tutto il tempo in cui è stato a capo del Dipartimento di Giustizia, Barr ha agito più come l’avvocato personale del presidente, che come il procuratore generale degli Stati uniti.

Ma proprio alla fine, Barr, non è riuscito a superare l’ultimo test di lealtà di Trump, perché per farlo si sarebbe dovuto spingere fino a mettere in discussione e fare carta straccia della costituzione Usa.

David Axelrod, l’ex capo stratega di Barack Obama, ha osservato in un post su Twitter: «Nello scrivere la sua servile lettera di dimissioni, Barr riflette una comprensione fondamentale di Donald Trump: come con un cane, se gli gratti la pancia, è molto più docile».

A guardare in faccia la realtà del risultato elettorale è arrivato anche il capo della maggioranza repubblicana al Senato, Mitch McConnell, che per la prima volta ha riconosciuto la vittoria del candidato democratico, confermata dai 538 grandi elettori.

«Il Collegio elettorale ha parlato – ha detto McConnell – Oggi mi voglio congratulare con il presidente eletto Joe Biden. Molti di noi speravano che le elezioni presidenziali avrebbero portato a un risultato diverso, ma il nostro sistema di governo ha procedure per determinare chi sarà investito il 20 gennaio».