Barni è un paese circondato da boschi e le cime delle montagne lo circondano. Siamo nel cuore del Triangolo Lariano, esattamente una freccia puntata verso Bellagio, se si guarda da Milano. I ciclisti passano numerosi, poco oltre vi è il Ghisallo, storica tappa del Giro con il Museo dedicato alle due ruote, da lassù il lago di Como è un incanto.

FIN DA QUANDO HA POTUTO, per una vita, don Emilio Lorvetti, ha percorso questi luoghi persuaso che la terra vada coltivata con amore e che puntare solo sul turismo sia una scelta sbagliata. È stato parroco di Barni per oltre trent’anni, un «don» come si usa dire da queste parti, molto particolare. Ha interessato la stampa locale più volte, ha esercitato una forte attrazione verso un mondo di giovani e di nuovi contadini e verso chiunque abbia creduto che la Terra sia un dono in sé e vada conservata per le future generazioni.

NEGLI ANNI SESSANTA C’ERANO I «PRETI OPERAI», don Emilio è stato un convinto prete contadino. Ha coltivato, collaborando con chi c’era, sui terreni della parrocchia, tremila metri quadri ad ortaggi, più altri tremila a cereali e patate. Curava altri piccoli appezzamenti nei dintorni ed allevava animali, è stato uno degli ultimi ad avere, oltre alle mucche, persino un toro. Non era una persona «facile», lo affermava lui stesso, eppure tutti coloro che gli si sono avvicinati hanno trovato in lui una persona curiosa e pronta ad ascoltare.
Alice Pasin è una seedsaver, ha scritto diversi libri sulla custodia delle sementi rurali ed ha allestito una vera e propria Casa delle Sementi nel proprio fondo, qui, in Vallassina. Dirigente di Civiltà Contadina, contadina ed architetto, ha conosciuto don Emilio e ci racconta delle realizzazioni compiute e dei sogni di questo prete contadino.

INTANTO EGLI RECEPÌ SUBITO LA NECESSITÀ di ricorrere a sementi locali, libere da brevetti e riproducibili. Agli Ogm preferiva – sono parole sue – «le cipolle biblicamente corrette». Almeno dai primi anni duemila, la collaborazione tra Don Emilio e Civiltà Contadina ha permesso la semina di pregiate ed antiche varietà come il farro monococco, un cereale che in queste terre di mezza collina viene particolarmente bene. Per potere raccogliere questa messe, è stata usata una piccola mietitrebbia parcellare in uso all’associazione che su terreni in pendenza e sulle fasce più strette era l’unica possibile. Quanto alle concimazioni, le bestie provvedevano con il letame. Certamente il lavorare fianco a fianco ha cementato amicizie ed irrobustito relazioni conviviali, le buone pratiche agricole ricercate e seguite attentamente non sono state la sola cifra di Don Emilio. In lui la passione ecologista è stata tanto importante da spingerlo a fondare una associazione, Tutela dell’ambiente. Un dovere comune universale – si può trovare in rete e leggere direttamente le sue parole, si può vederlo all’opera mentre trebbia, guida il trattore o coltiva l’orto. In un bel servizio del 2008, Federico Magni scriveva che era difficile trovarlo, se non era a dir messa, era certamente in giro su qualche suo terreno. La perpetua, Elsa, spesso con lui ad aiutarlo a mungere.

Abbiamo descritto cosa faceva: praticava l’amore verso il Creato declinato anche nella sua ferma opposizione alla trasformazione di questa valle in un divertimentificio per cittadini, era contrario allo stravolgimento di questi paesaggi, si opponeva con tutte le sue forze alla realizzazione di campi da golf a nove buche. Non ne vedeva l’utilità.

DON EMILIO COLTIVAVA E RACCOGLIEVA, OVVIAMENTE. Autoproduzione, il suo credo era l’economia del dono. E’ stato amico fraterno di altri parroci di frontiera come don Renzo Scapolo, anche lui scomparso. In una delle foto in rete si vede don Emilio sul suo trattore, indossa una t-shirt bianca, la scritta, formata dai simboli delle tre confessioni monoteiste dice Coexist ed era il motto dell’associazione Sprofondo fondata da don Renzo, parroco di Valmorea, vicino Como. Si occupava di aiutare i profughi della ex Jugoslavia, soprattutto dalla Bosnia dove spessissimo si recava sin dai tempi dell’assedio di Sarajevo. Un altro amico di don Emilio era don Giusto, che opera a Rebbio aiutando i migranti, nei suoi terreni in valle. Venivano a dare una man nei campi: il baratto e la condivisione conviviale del lavoro e del suo raccolto erano la sola lingua parlata.

Abbiamo conosciuto bene questa figura di prete contadino vent’anni fa, a un incontro promosso dalla Biofera di Canzo. Don Emilio era là quale espressione di un ritorno alla terra nelle zone di collina che stanno diventando sempre più spopolate e prive di contadini e pastori e sempre più periferia di Milano, smarrendo oltre alla propria economia rurale anche la propria anima. Oggi, a meno di due anni dalla sua scomparsa, le associazioni che lo hanno sostenuto e che con lui hanno lavorato fianco a fianco si sono mobilitate perché non vogliono che questo patrimonio di idee, questo mondo che questo parroco aveva raccolto venga sepolto e per sempre sotto un nero strato d’asfalto.

IL COMUNE DI BARNI HA DECISO DI ESPROPRIARE i terreni della parrocchia e con una spesa di 250 mila euro trasformare quello che era il gioiello di don Emilio, dove ancora ci sono i pannelli, le macchine agricole, in un parcheggio. Roberto Fumagalli, presidente del Circolo Ambiente Ilaria Alpi, già protagonista vittorioso di altre battaglie in valle – una su tutte, lo stop alla costruzione tra il fiume Lambro e la cascata Vallategna di un supermercato – spiega l’opposizione a questo progetto motivandola con un «no» deciso di altro consumo di suolo. Quell’area, adiacente alla parrocchia, è in pendenza, vi scorre obliquamente una roggia, ed è proprio il caso di lasciare che gli orti e il prato proteggano da ogni impermeabilizzazione del terreno.

Domenica scorsa il Circolo Ilaria Alpi, Civiltà Contadina, il Gruppo Naturalistico della Brianza e la neonata associazione Terra Viva hanno tenuto un presidio a Barni per dimostrare la ferma opposizione alla cancellazione di questa esperienza. L’alternativa è mantenere l’area ad orto e svolgervi corsi per adulti e bambini di orticoltura biologica. Per raccogliere adesioni è stato creato il gruppo facebook Salviamo l’orto di Don Emilio!. Si invitano tutti gli appassionati di terra ed orti a scrivere al sindaco di Barni. Siamo certi che anche Laudato sì, la nuova associazione sorta su ispirazione del messaggio ecologista di Papa Francesco, possa dire la sua: don Emilio lo merita. Ha precorso i tempi in un territorio molto difficile.