Il Barga Jazz Festival, dal 1986, è da sempre un esempio perfetto nel coniugare territorio, comunità, progetto artistico, didattica popolare, fino a coinvolgere l’antico borgo, già avamposto mediceo ai piedi della lucchese Garfagnana: attività concertistiche e laboratoriali di alto livello sono del resto documentati in almeno 4-5 dischi. Quest’anno il covid-19 spariglia le carte, ma, con i necessari sacrifici e i dovuti aggiustamenti, Barga Jazz insiste per affermare la propria presenza anche per un’ulteriore ragione: l’edizione in corso – 18/30 agosto – “Barga Jazz Barga Jack” è dedicata appunto a Jack, ovvero Giancarlo Rizzardi, scomparso nel 2018, ideatore e anima del festival, al cui posto, nella direzione artistica, subentra il figlio Alessandro, celebre sax tenore e fresco di Hermetico album tributo al percussionista Hermeto Pascoal. Rinunciando per motivi di sicurezza al Concorso di Composizione e Arrangiamento per Orchestra Jazz, nell’impossibilità di allestire un palco per big band, Barga conferma comunque il contest per giovani talenti, ottenendo una richiesta enorme, con ben 32 band iscritte, ridotte poi a quattro per le due serate finali (18-19).

I DUE ex aequo della giuria al miglior gruppo confermano l’altissima qualità dei nuovi jazzmen a partire dal Valentina Fin Trio, dove la leader/cantante propone un camerismo alla Norma Winstone con originals in italiano (tratti persino dagli aforismi di Marina Abramovich) e dove emerge il virtuosistico sax alto di Manuel Caliumi (non a caso vincitore della sezione “solista”); l’altro ex equo va al Tommaso Perazzo Trio, per la raggiunta maturità di un pianista consapevole di elaborare magistralmente le lezioni di Jarrett, Mehldau, Svensson.

LA PARTE centrale del Festival è dei Barchigiani, nel senso che i 5 combo, in azione tra il 20 e il 22, presentano solisti e ospiti dell’ormai classica Barga Jazz Orchestra: aprono i Twelve Gates ovvero il singolare tributo al Reverend Gary Davis, esponente del finger picking in gospel e blues, qui tradotto in chiave fusion (anche con un pizzico di rock, jazz, folk) da un quartetto guidato dal celebre polistrumentista Pietro Tonolo e dal cantautore Charlie Cinelli. All’insegna del jazz-jazz le due notti successive, benché differenti: la prima calata tra il dionisiaco dell’Andrea Tofanelli Around Trio, dove standard e cover assumono una vis spettacolare grazie alla tromba del leader in chiave Maynard Ferguson e alle incursioni soul dell’organista Max Tempia, e tra l’apollineo di un Mario Raja (attuale direttore dell’Orchestra ‘in lockdown’) convincente anche nel dirigere un quintetto su eleganti postazioni mainstream. La seconda, preceduta dalla lectio magistralis di Francesco Martinelli su Dexter Gordon, vede il suono al contempo ovattato e cristallino del Luca Gisella Trio mettere il vibrafono al centro di un repertorio eclettico, reso omogeneo dal timbro dello strumento forse più romantico dell’intera storia jazzistica; quasi per contrasto il Rossano Emili Quartet evidenzia un jazz per così dire intellettuale, scritto e pensato attraverso complesse partiture, esaltanti le qualità soliste sia del giovane chitarrista Francesco Poeti sia dello stesso leader via via al baritono, al clarinetto, al clarinetto basso: un post-free con sprazzi decisamente informali.

DOMENICA la grande festa – che di solito raccoglie 2000 persone alla Porta e per tutto il centro storico – ora ridotta negli spazi e concentrata, tra le performance degli studenti alla Siena Jazz University e le jam-session notturne fra allievi e maestri, nei giardini di Villa Gherardi, splendida dimora seicentesca, ostello riservato all’intera rassegna: unica eccezione il solo sax di Dimitri Grechi Espinosa in Duomo, di pomeriggio, in un’atmosfera magica, riduttivamente fruita secondo le norme (qui ovunque rigorosissime) del distanziamento sociale. La seconda e ultima settimana (25-30) prevede altri sei concerti e tre jazzisti stranieri: Modalità Trio (Nico Gori), Scott Hamilton, Melez (Jim Black), Andy Sheppard & Rita Marcotulli, Angelo Lazzari, Extended Singularity (Fulvio Sigurtà) saranno le ciliegine sulla torta di una lunga e longeva kermesse che, persino nelle condizioni precarie di questa folle estate, conferma la vocazione del jazz ad abbracciare il mondo, stavolta, purtroppo, solo.