Mentre a Madrid il mondo politico osserva la messinscena dei surreali negoziati per formare il governo fra socialisti e Unidas Podemos, il giornale online publico.es sta pubblicando questa settimana una approfondita inchiesta a puntate sugli attentati che il 17 agosto di due anni fa colpirono il cuore di Barcellona, provocando 16 vittime e 131 feriti.

Sono rivelazioni bomba che mettono in seria discussione la gestione dei servizi segreti spagnoli di tutta la vicenda, e in particolare si centrano sul ruolo di Abdelbaki Es Satty, l’imam considerato l’ispiratore dei terroristi e che morì nell’esplosione di una casa ad Alcanar, a sud di Barcellona, il giorno prima dell’attentato mentre stava preparando con altri complici dell’esplosivo.

Il giornalista Carlos Enrique Bayo ha raccolto in un anno una montagna di prove sul passato di Es Satty come informatore del CNI, i servizi segreti spagnoli. Già pochi giorni dopo l’attentato, si era iniziato a parlare del passato oscuro di Es Satty ed erano cominciati ad emergere alcuni inquietanti dettagli che la polizia spagnola non aveva condiviso con la polizia catalana, i Mossos d’Esquadra. Secondo l’inchiesta (che per ora consta di quattro parti), Es Satty venne identificato dai servizi quando era in carcere per aver cercato di introdurre droga in Marocco, suo paese d’origine, dalla Spagna nel 2010.

Durante la sua detenzione, i servizi avevano messo gli occhi addosso a questo giovane imam con stretti contatti con il radicalismo islamico. Tanto è così che, secondo la ricostruzione, riuscirono ad ottenere per lui che, sorprendentemente, il giudice alla sua liberazione nel 2016 non lo rispedisse in Marocco ma desse per buono il suo radicamento sul territorio.

A partire da questo momento Es Satty è al soldo dei servizi, che lo mettono a guidare una moschea nel piccolo centro di Ripoll, dove Es Satty si dedica a radicalizzare un gruppo di giovani, alcuni dei quali poi formeranno parte della cellula che stava preparando gli attentati, che dovevano essere assai più sanguinari (Younes Abouyaaqoub, il conduttore del camioncino che investì i passanti della Rambla, alla fine decise di improvvisare l’attacco proprio perché i suoi compagni saltarono per aria il giorno prima con tutte le bombe). Ma le informazioni che allo stesso tempo Es Satty passava al CNI avevano fatto sì che tutti i cellulari dei giovani membri del commando fossero sotto controllo, pur senza che nessuno di loro avesse alcun precedente. Tanto è così che i servizi conoscevano ogni dettaglio dei viaggi che avevano effettuato nelle settimane precedenti l’attentato in Francia e Belgio, e il contenuto delle conversazioni e delle ricerche di informazioni online. Bayo dimostra che il controllo certamente era avvenuto fino a un paio di giorni prima dell’attentato. Inoltre racconta un dettaglio interessante: Es Satty usava un metodo infallibile e impossibile da intercettare per mettersi in contatto con gli agenti, la cosiddetta “mail morta”. Era stato creato un account email senza alcun traffico (lo scambio di dati potrebbe essere identificato) e in cui le spie si parlano attraverso messaggi redatti solo in “bozza”. Dato che non vengono inviati, nessuno può intercettarli a meno di non entrare nella casella di posta.

L’indirizzo e la password di questa casella segreta con un nome generico vennero trovati accanto al cadavere dell’imam, e Bayo fornisce la schermata dell’ultimo messaggio “scambiato” fra i due: solo due mesi prima dell’attentato in cui un anonimo agente si lamenta che Es Satty non si è fatto ancora sentire. Nell’inchiesta si racconta che i servizi cancellarono tutti i precedenti di Es Satty (per questo i Mossos, quando vennero allertati dalla polizia belga sulla pericolosità dell’imam non trovarono nulla) e che il giorno dopo l’attentato lo fecero sparire dagli archivi del CNI come informatore.

In attesa delle nuove rivelazioni di publico.es, è chiaro che Es Satty riuscì a ingannare i servizi e che il segreto in cui era avvolta l’operazione non permise ai Mossos di prendere provvedimenti preventivi contro di lui. Restano da chiarire le responsabilità del governo di allora nei fatti. Il governo catalano ha chiesto spiegazioni al governo di Madrid, e di costituire una commissione d’inchiesta nel nuovo Congresso. La ministra della difesa uscente, Margherita Robles, si è detta disponibile a rispondere su questo tema, ma solo per quanto riguarda la sua gestione. Da parte sua Mireia Boya della Cup è arrivata ad accusare il governo spagnolo di aver permesso gli attentati per impedire la celebrazione del referendum di indipendenza dell’1 ottobre successivo.