Un Pd «non solo cattivo, ma pericoloso e dannoso, che lavora per gli eletti anziché per i cittadini», e quando invece è «buono» non ha «la capacità di raggruppare e rappresentare» e «subisce inane lo scontro correntizio e le scorribande dei capibastone»; insomma un Pd tutto sbagliato, tutto da rifare. Così lo descrivono i primi, parziali ma già clamorosi risultati dell’inchiesta interna condotta da Fabrizio Barca e dalla sua squadra di detective politici, il gruppo ’Mappa il Pd’, che il commissario Matteo Orfini dei dem romani ha chiamato a fianco a sé nella titanica impresa di ricostruire il partito  della Capitale dopo lo shock delle inchieste sulla mafia che hanno toccato alcuni dirigenti.
Proprio ieri è arrivata una nuova tegola: il minisindaco di Ostia si è dimesso in polemica contro l’inazione di Ignazio Marino: «Faccio un appello al sindaco di Roma perché prenda finalmente coscienza e consapevolezza che Ostia è un municipio diverso dagli altri». All’origine del gesto ci sarebbe l’ennesima indagine della magistratura.

Siamo ancora nel pieno del dramma delle inchieste, dunque. Ma le cinque paginette di Barca, la storia  di «Dr Partito e Mr Democratico», come twitta Orfini,  non svelano il colpevole. Sono solo una nota metodologica sul metodo delle audizioni e della ricerca, con l’aggiunta di qualche riflessione degli autori. Niente dati né nomi. Le descrizioni sono pesanti ma non circostanziate: suspence fino a giugno prima di sapere quali circoli sono «dormienti», quali addirittura «pericolosi e dannosi», quali i bravi compagni. Ma tanto basta per stoppare un malumore che comincia a serpeggiare fra i militanti commissariati, che iniziano ad essere insofferenti al binomio «’mafia-capitale’ uguale Pd romano», tutti colpevoli in assenza (ancora) di un  riferimento esplicito ai nomi dei capibastone che hanno falsato il tesseramento e condizionato la vita del partito. Proprio martedì quest’area aveva tenuto  la sua prima riunione cittadina  autocovocata al circolo di Donna Olimpia.