L’emergente settore privato, i cosiddetti cuentapropistas, sta cambiando il paesaggio economico e sociale di Cuba. E’ nata infatti una classe di piccoli imprenditori che contribuisce, seppur con ancora evidenti limiti, alla modernizzazione di un’economia come quella cubana che tenta di uscire dalle secche di più di cinquant’anni di statalismo e burocrazia. Il settore non statale che comprende le cooperative, i piccoli agricoltori privati, circa 700.000, e i privati, impiega ormai quasi il 30% della forza lavoro di Cuba.
Cosciente dell’importanza di questo settore privato e non statale come possibile motore di cambiamenti non solo economici, ma in un futuro prossimo sociali e politici, il presidente Obama ha partecipato ieri a un incontro tra esponenti di questo nuovo settore sociale, che di fatto costituisce le basi di una nuova borghesia, e un folto gruppo di imprenditori statunitensi che fanno parte della delegazione nordamericana, alcuni dei quali di origine cubana. Proprio per favorire questo settore, il governo degli Stati Uniti ha approvato nell’ultimo anno quattro pacchetti di misure tendenti a mitigare gli effetti dell’embargo .
«È già un fatto accertato che il cuentapropismo costituisca una classe sociale. Il governo, del resto, ha iniziato ad accettare questa realtà, solo tenta di controllarla e impedire che vi siano persone che speculino e accumulino ricchezze ritenute illecite. Ma di fatto la società cubana ha già iniziato a mettere in cantina l’egualitarismo da qualche anno», afferma il proprietario di un paladar di successo nel quartiere residenziale di Miramar.
Questo «passo avanti è molto importante per l’economia di Cuba e del resto il governo riconosce l’utilità dell’esistenza di un settore privato», ha affermato Jeffrey De Laurentis, facente funzioni di ambasciatore il quale ammette che «una buona parte delle misure adottate dagli Usa sono dirette a potenziare l’iniziativa privata».
In occasione dell’incontro, Obama ha anticipato che annuncerà un accordo tra l’impresa californiana Google per ampliare l’accesso a internet nell’isola, con una maggiore connessione WiFi e Adsl. «È una misura necessaria perché Cuba entri economicamente nel XXI secolo. E offrirà al popolo cubano maggiori informazioni», dunque, ha affermato il presidente, la società civile cubana «potrà avere una voce più forte». «Già abbiamo usato i poteri dell’amministrazione per rendere meno pesanti alcuni aspetti dell’embargo perchè possano iniziare a venire (a Cuba) non solo servizi finanziari o di turismo, ma anche compagnie informatiche», ha concluso il presidente.
Starwood è già diventato il primo gruppo alberghiero Usa a gestire almeno tre strutture a L’Avana; Airbnb, il servizio, non solo economico per trovare camere, aprirà anche per l’isola a partire dal 2 aprile; At&t li seguirà a breve. Se il primo grande cambiamento tra i due paesi si è visto nella liberalizzazione dei voli, ora almeno 20 al giorno, Horace Clemmons e Saul Berenthal, società che produce macchinari agricoli, ha ottenuto il via libera per aprire uno stabilimento a Cuba con un investimento iniziale tra i 5 e i 10 milioni di dollari. Il settore editoriale e Hollywood si sono già messi in fila.
In questa direzione, alcuni imprenditori cubano-americani come la famiglia Fanjul, magnati dello zucchero, o quella dei Saladrigas, hanno annunciato di attendere che vengano meno le proibizioni dell’embrago per investire nell’isola. Il problema, che dovrà essere affrontato è, quello che il New York Times ha definito un gap culturale, tra un sistema capitalistico che mira ovviamente al profitto e che dunque deve viaggiare a tempi veloci e il socialismo cubano che mira a una redistribuzione nella società ma che, anche, è affetto da uno statalismo e una burocrazia che rendono lenti i tempi del cambiamento.