Il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, imprime alle sue Considerazioni finali, nelle ultime righe, un tono aulico e drammatico, per la verità poco usuale e non consono al personaggio. Due citazioni fra loro concettualmente combinate chiudono l’esposizione del governatore: «Le parole sono azioni» e «Nell’oscurità le parole pesano il doppio». La prima di Ludwig Wittgeinstein, la seconda di Elias Canetti, ma Visco non lo dice confidando o sfidando l’erudizione dei partecipanti.

Non pare solo un vezzo intellettuale, piuttosto un modo per sollevarsi dalla triste e arida sequela di dati della Relazione annuale che misurano inesorabilmente il declino economico e sociale del nostro paese. E porsi su un piano più elevato. Al contempo il monito per cui “saremmo stati più poveri senza l’Europa; lo diventeremmo se dovessimo farne un avversario”, chiarisce che il senso di quelle citazioni costituisce un richiamo educato ma fermo alle troppo facili e roboanti esternazioni dei due vicepremier, in particolare di Salvini, che da sole hanno il potere di innervosire i mercati, come si usa dire, con conseguenze reali e negative sull’andamento dello spread.

Il connubio fra filosofia e finanza si risolve quindi in un molto più prosaico richiamo all’ortodossia di Bruxelles. Non sfugge il nesso logico-politico fra il recente incontro sull’alto colle fra Mattarella e Conte, le preoccupazioni che pare il Capo dello Stato abbia rivolto al Presidente del consiglio in merito alla tenuta del governo soprattutto in relazione alle scadenze della politica economica e di bilancio.

Una sintonia, quella tra Mattarella e Visco, che riporta in auge il ruolo di Bankitalia come vestale laica delle istituzioni statuali italiane, secondo una tradizione e una considerazione che le più recenti élite politiche hanno del tutto negletto. Allo stesso tempo la Confindustria, che nella sua Assemblea di pochi giorni fa, per bocca del suo Presidente aveva orgogliosamente ribadito il suo ruolo autonomo di attore economico politico nel paese, rimarcando le distanze da questo governo o quantomeno dagli ultimi suoi atti e comportamenti, trova in Visco e nelle sue Considerazioni finali una conferma positiva di questo suo riposizionamento, al di là dei singoli aspetti.

E’ vero, Visco ha anche accennato alla “inadeguatezza della governance economica dell’area dell’euro” emersa in occasione della crisi dei debiti sovrani. Ma chi non lo farebbe oggi, di fronte alle dimostrazioni evidenti di tanta insipienza. Così le critiche alla Ue appaiono di facciata per non dire di routine, mentre il richiamo all’osservanza alle sue indicazioni e a “un’attenta disciplina di bilancio” è la sostanza del messaggio che Visco lancia nel dopo voto europeo che in fondo ha visto contenere l’ondata sovranista e ribadire, pur con qualche smottamento interno, gli equilibri preesistenti. La porta con qualche cigolio resta sui suoi cardini.

Le parole di Visco si intrecciano con le risposte che Tria intenderebbe dare alla lettera pervenuta da Bruxelles che autoritariamente ha preteso le si rispondesse nel giro di 48 ore. Il Ministro dell’economia prende atto del taglio Istat alle stime preliminari del 30 aprile, già miserrime. Se sul piano congiunturale si registra l’uscita dalla “recessione tecnica” (ovvero due trimestri consecutivi in negativo), il calo tendenziale del Pil nel primo trimestre di quest’anno segna l’interruzione di un trend modestissimo ma positivo dal 2013 ad oggi. Difficile vedere i presunti effetti della cosiddetta austerità espansiva.

Sembra che Tria si accinga a rispondere ai guardiani di Bruxelles che “Il Governo sta avviando una nuova revisione della spesa … per le nuove politiche di welfare nel periodo 2020-2022”. Il condizionale è d’obbligo, visto che il Mef in serata smentisce le indiscrezioni. Vedremo. Ma se sono vere le prime non ce n’è per il cosiddetto reddito di cittadinanza e per Quota 100, mentre la flat tax non può essere finanziata in deficit, in coerenza con Visco che ammonisce: “Aumenti della spesa pubblica o riduzioni di entrate vanno inseriti in un quadro che ne garantisca la responsabilità finanziaria”.

Il Governatore non si ferma qui poiché ricorda che bisogna subordinare “la disattivazione delle clausole relative all’Iva” all’individuazione di misure compensative con una “accurata e trasparente” valutazione dei potenziali effetti sull’attività economica e la distribuzione dei redditi. Parole che confortano Tria, il quale non ha mai nascosto la sua propensione a un via libera all’aumento dell’Iva, seppure con qualche correttivo.

Ovviamente le dichiarazioni del Ministro fanno imbestialire i 5Stelle, i quali prima affermano di non conoscere i contenuti della risposta di Tria e a ogni buon conto li disconoscono. Ma questa volta non si trovano solo contro uno straripante Salvini ma un asse che si sta saldando fra Bankitalia e Confindustria, grazie al supporto tecnico di Tria e il placet del Quirinale.