La notizia arriva con qualche ora di anticipo sul previsto: Gentiloni ha già inviato al Consiglio superiore di Bankitalia la lettera con cui propone la conferma di Ignazio Visco per un secondo mandato di 6 anni, l’ultimo consentito dalla legge, alla guida della Banca centrale. Sarà ora il Consiglio a dover esprimere un parere certamente positivo: una formalità.

Per Matteo Renzi, ispiratore della mozione di sfiducia del Pd contro il governatore, non è stata una sorpresa. Le quotazioni di Visco erano salite negli ultimi tre giorni e comunque mercoledì pomeriggio Gentiloni si era premurato di anticipare la sua mossa al segretario dem. Dunque quando mercoledì notte, contattato sul treno da Porta a Porta, Renzi si è scagliato contro Visco, sottolineando il suo dissenso, lo ha fatto già sapendo che il bersagliato sarebbe stato certamente confermato dal premier. «In questi sei anni nelle banche ci sono stati disastri. Speriamo che i prossimi siano migliori: che siano peggiori è difficile. Nemmeno il presidente degli Usa resta in carica 12 anni. Se il premier decide di confermare Visco io non condivido». Impossibile sparare a palle incatenate più di così.

ALMENO IN SUPERFICIE la rottura tra il leader del Pd e il premier del Pd sembra profonda, tanto più che proprio mercoledì, nella commissione d’inchiesta sulle banche, i dem erano tornati alla carica guidati dal presidente Orfini: «Dobbiamo creare una discontinuità. Se l’80% del Parlamento è contro la riconferma la forzatura è il non tenerne conto, non la mozione del Pd».
In realtà le cose stanno diversamente. Certo lo scalpo di Visco non sarebbe stato sgradito al Nazareno, ma la sconfitta consumatasi ieri era prevista e data quasi per certa sin dall’inizio. Impossibile avere ragione di un fronte che comprendeva il capo dello Stato, Mario Draghi e giocoforza lo stesso premier. Solo un passo indietro spontaneo del governatore avrebbe permesso la vittoria di Renzi, e se è vero che per un po’ al Nazareno ci hanno sperato è anche vero che non ci hanno mai scommesso sul serio.

MOLTO PIÙ IMPORTANTE della testa del governatore, per Renzi, è la possibilità di impostare una campagna elettorale rivestendo i panni del rottamatore, il vero nemico dei poteri solidi. Si spiega così la decisione di rincarare la dose dopo essere stato informato della decisione di Gentiloni. Si può stare certi che nella commissione parlamentare il Pd non solo non abbasserà il tiro ma moltiplicherà la potenza di fuoco.
La scesa in campo contro l’aumento dell’età pensionabile, mossa che ha fatto saltare sulla sedia il ministro Padoan, si inquadra nella stessa campagna e siamo appena agli inizi. Quando la campagna elettorale propriamente detta inizierà, arriveranno i fuochi d’artificio. All’interno di una strategia del genere una sorta di conflittualità sorda ma permanente con il governo è inevitabile e probabilmente lo stesso Gentiloni ne è consapevole. Renzi dovrà marcare ogni giorno di più la separazione tra il primo partito di maggioranza e il governo, rivendicando massima lealtà ma non necessariamente convinta intesa. La parole del capo dei deputati Rosato sono da questo punto di vista una dichiarazione esplicita: «Non dico di essere contento ma sostengo la scelta di Gentiloni, tenendo conto della complessità della situazione e pur avendo noi espresso tutti i dubbi sulla vigilanza».

E’ UN EQUILIBRISMO DIFFICILE quello in cui Renzi si sta già cimentando e per riuscire necessita di una sostanziale complicità del premier, che deve fingere di non accorgersi delle frecciate che partono dagli spalti del suo partito. Difficile dire fino a che punto Gentiloni abbia accettato volentieri questo gioco delle parti e fino a che punto sia stato invece costretto a subirlo. Di certo non sembra intenzionato a sottrarsi e per Renzi questo è l’importante. La campagna elettorale prima di tutto, con la convinzione che andando avanti a colpi di maglio riuscirà a recuperare quel 40% che resta il suo miraggio.
Il costo dell’operazione si vedrà, casomai, dopo le elezioni, quando bisognerà fare i conti con un Mattarella amareggiato e un Visco inviperito. Ma questi per Renzi sono problemi lontani nel tempo.