Una settimana può essere lunghissima: quella di Paolo Gentiloni sarà eterna. Nei prossimi giorni il premier dovrà risolvere il rebus di Bankitalia, e dovrà farlo proprio mentre a quelle tensioni si sommeranno quelle derivanti dal voto del Senato sulla legge elettorale. Matteo Renzi, dopo un giorno di silenzio, torna sulla sofferta vicenda. In un’intervista a Avvenire in edicola oggi, non spara a palle incatenate, assicura anzi che «qualunque sia la decisione del governo non intaccherà minimamente i rapporti con Gentiloni: anche se dovesse confermare Visco, nessun problema». Noblesse oblige. Però, subito dopo, il nobile segretario aggiunge: «Io e il Pd non possiamo stare dalla parte dei salotti buoni della finanza. Noi stiamo con i risparmiatori». Giusto per chiarire che, generose dichiarazioni a parte, la testa del governatore Ignazio Visco resta in cima alla lista dei desiderata del Pd. E a sera da Firenze, ospite della festa del Foglio (dove invece non si presenta Berlusconi), rincara: «E’ allucinante che ci sia qualcuno di intoccabile, inviolabile e ingiudicabile».

Come se non bastasse il presidente del partito Matteo Orfini, pasdaran di professione, allarga il tiro a tutta Bankitalia: «E’ inquietante che lì dentro ci sia una manina che passa documenti riservati prima che arrivino alla commissione d’inchiesta». Quindi annuncia che domani stesso invierà una lettera al presidente della commissione Pier Ferdinando Casini per chiedere di «verificare con Bankitalia la possibilità di desecretare le loro carte oggetto dell’attività della commissione».

Le parole di Orfini si spiegano solo tenendo conto che nella vera e propria guerra che si è scatenata intorno a palazzo Koch si intrecciano ormai due fronti. Dal punto di vista mediatico la posta in gioco è solo la conferma di Visco. Qualunque altro nome segnerebbe una vittoria di Renzi. Ma dal punto di vista sostanziale si tratta invece di scalzare un assetto di potere e di sostituirlo. Messe così le cose, che il governatore sia Visco o uno dei suoi luogotenenti, il direttore generale Salvatore Rossi o il vice direttore Fabio Panetta, cambia ben poco.

Sull’altro fronte c’è la sfinge del Colle. Dopo il primo comunicato a sostegno della conferma del governatore, Sergio Mattarella si è chiuso nel silenzio. Ufficialmente le fonti del Quirinale fanno sapere che per il capo dello Stato la faccenda riguarda ormai il governo, a cui spetta l’onere, e in questo caso decisamente non l’onore, di proporre un nome. Solo che non c’è bisogno di parlare oltre. Quale fosse il suo parere Mattarella lo aveva già notificato con discrezione prima del blitz di Renzi e lo ha fatto di nuovo, stavolta pubblicamente, dopo il colpo di mano della mozione anti-Visco. Non risulta che abbia cambiato idea.

Una via d’uscita, per Gentiloni, potrebbe essere quella di proporre al Quirinale non un nome ma una rosa di nomi, tra cui quello del governatore uscente. Però significherebbe piazzare il cerino incandescente fra le dita del Presidente, il quale potrebbe non gradire. La soluzione più comoda per tutti sarebbe, va da sé, un generoso e “spontaneo” passo indietro di Visco, che però non ci pensa per niente e anzi ha fatto ieri sapere di essere «al proprio posto» e al lavoro. Messaggio esplicito e che non promette niente di buono per quando il governatore, ancora in carica o ex che sia, parlerà di fronte a quella commissione parlamentare che deve giudicare non il suo operato ma quello dell’intera direzione della Banca centrale.

La delicatissima faccenda, resa ancora più spinosa dall’obbligo di fare i conti anche con la Bce e con Mario Draghi, dovrà essere sbrigata proprio nella settimana del voto sulla legge elettorale. Il clima è meno tranquillo di quanto si prevedesse, e non solo per l’attacco durissimo che partirà dal presidente emerito Giorgio Napolitano. Un ruolo centrale spetterà quindi al capo dei senatori del Pd: cioè a Luigi Zanda, che di Visco è amico e che dopo l’affondo del suo partito su Bankitalia a Montecitorio ha per una volta sfidato il suo segretario: «Mozioni come questa meno se ne fanno e meglio è».