«La solita porcata» (Noisefromamerika, gruppo di economisti ultraliberisti); «una delle operazioni più immonde degli ultimi anni» (Quaderni di SanPrecario, collettivo intellettuale collocabile verso la sinistra radicale); «un regalo alle banche» (keynesblog.com, blog ispirato alle idee di J. M. Keynes). Il decreto sulla rivalutazione delle quote della Banca d’Italia non pare suscitare sperticate lodi, in pressoché nessun commentatore, di destra, sinistra o centro, salvo quelli direttamente legati ai partiti di maggioranza (anche lì con tanti distinguo e cautele).

Pare che le modalità della dura opposizione parlamentare abbiano distolto l’attenzione tanto dalle ricadute fattizie del testo che del contesto generale in cui tutto ciò si svolge. Aspetto questo, trascurato anche da commentatori assai attenti e informati ma completamente assorbiti nella contabilità del giro di soldi Banca d’Italia – banche – Tesoro. A parte alcune questioni tecniche il quadro appare abbastanza chiaro: parte delle riserve della Banca d’Italia si riversano nel capitale della stessa di proprietà dalle banche private, che ottengono: 1) le stesse quote che valgono di più (sempre il 30%, mettiamo, ma non più di 156.000 euro bensì di 7,5 miliardi…), e potranno, anzi dovranno essere vendute, precisamente per quello che eccede il 3% (avendo il 30% ne andrà venduto il 27%); 2) un capitale così irrobustito consente una proporzionale fetta di soldi dalle entrate di Banca d’Italia (art. 4 c.2); da parte sua lo Stato tasserà le banche, e coi soldi ricavati cancellerà l’IMU. In sostanza i passaggi sono questi: in forma contabile o sostanziale somme di denaro passano dalle riserve di Bankitalia un po’ alle banche un po’ allo Stato.

Il reale significato però emerge nel contesto generale. Lo scorso 31 gennaio sono stati resi noti i dettagli dei criteri dei cosiddetti «stress test» a cui l’Autorità Bancaria Europea sottoporrà le banche. Si tratta di esami estremamente complessi e lunghi del loro assetto patrimoniale, nel quadro della centralizzazione delle funzioni di vigilanza bancaria in capo alla Banca Centrale Europea, contestualmente al riassetto dei poteri europei; ne consegue che i più importanti istituti verranno sottoposti ad una analisi contabile per verificare che siano sane ed in regola. Il punto è che la ricapitalizzazione delle banche italiane con le riserve della Banca d’Italia migliorerà con questa operazione. Sembrerebbe quindi un ennesimo favoritismo governativo, sotto forma di trasferimenti effettivi o manipolazioni contabili. Ma c’è di più.

Gli obbiettivi sarebbero di assicurare la solidità delle banche per evitare crisi e crolli che «costringano» le autorità pubbliche ai famosi salvataggi. Ma nelle stesse parole di Draghi si intravede una verità più significativa: «ridare fiducia ai mercati». L’economia fondata sui debiti, sull’accumulazione finanziaria i cui processi hanno portato in circolazione i prodotti finanziari più nocivi e tossici, non viene messa in discussione, anzi si cerca di rilanciarne i meccanismi: un buon monitoraggio della nuova vigilanza europea è il viatico per reinserire il settore bancario nella giostra dei mercati, nella emissione di obbligazioni, nella compravendita di asset, assicurandoci che tutti gli scheletri negli armadi (trucchi contabili, prodotti-spazzatura) sono stati scovati. Ci crederanno davvero?

Avremmo bisogno di una iniezione di fiducia per ridar fiato al casinò finanziario, garantita adesso dalla Bce. Ma da un casinò è possibile espungere il rischio tenendosi il profitto da esso conseguito? Vi è da dubitarne.