Papa Bergoglio sta per arrivare a Dacca, in Bangladesh, e qualcuno forse gli ha mandato un messaggio. Minaccioso.
Da lunedì si sono perse le tracce di un prete cattolico bangladese. Si chiama William Walter Rozario, coordina la scuola cattolica di Saint Lewis ed è l’assistente prete della chiesa di Jonail.

UNA CITTADINA IMMERSA nei campi coltivati nel distretto di Natore, a 180 chilometri di distanza dalla capitale, nel nord-ovest di questo Paese a maggioranza islamica, verso il confine con l’India. A Jonail la vita scorre lenta: i contadini sui campi, i bambini a scuola, qualche bufalo, la campagna intorno, i risciò a pedali che scampanellano per i vicoli.

Nel giugno del 2016 ha conquistato la cronaca per l’omicidio del commerciante Sunil Gomez. Ucciso mentre apriva le serrande del suo negozio. Ucciso per la sua fede. Perché parte di quei 384 mila cattolici – così recitano le statistiche governative – che sono una minoranza residuale dei 170 milioni di abitanti.
Una minoranza preoccupata dal corso degli eventi. Quell’omicidio è stato rivendicato da un gruppo jihadista locale che reclama l’affiliazione allo Stato islamico di Abu Bakr al-Baghadi.

LA SCOMPARSA di William Walter Rozario, che abitava nello stesso quartiere «cristiano» di Sunil Gomez, fa pensare al peggio, dunque. A un sequestro. Proprio alla vigilia della visita di papa Bergoglio, che atterrerà questo pomeriggio all’aeroporto di Dacca dopo gli incontri in Myanmar, e dove resterà fino a sabato 2 dicembre con un’agenda fitta di appuntamenti. Che il prete possa essere finito nelle mani dei barbuti lo pensano in molti, qui.

IL VESCOVO della vicina città di Rajshahi, Gervaz Rosario, ha dichiarato alle agenzie locali di temere un sequestro, senza specificarne la matrice. Ma il pensiero di tutti è lo stesso: fondamentalisti. Il fratello del prete dice di non avere sue notizie da lunedì. Il capo della polizia locale, Biplop Bijoy Talukder, rilascia dichiarazioni di circostanza: «lo stiamo cercando, facciamo tutto il possibile».

Se si trattasse davvero di un sequestro da parte degli islamisti radicali – minoritari qui, ma determinati a esibire trofei sanguinari – sarebbe un’operazione militare e mediatica dal significato duplice.

IL PRIMO MESSAGGIO è per papa Francesco, a cui mandano a dire che non c’è religione al di fuori dell’Islam, un Islam mortificato e corrotto dall’ideologia salafita-jihadista, aliena alla maggior parte dei musulmani bangladesi, tolleranti e aperti alla diversità. Attraverso di lui, ci si rivolge alla minoranza cattolica, che con il sequestro viene ammonita a non alzare troppo la testa, nonostante la visita di Bergoglio, a restare nei propri spazi, spesso circoscritti nei quartieri e nelle aree abitate dai primi missionari portoghesi, da cui derivano i nomi dei cattolici bangladesi.

IL SECONDO MESSAGGIO pare rivolto alla donna forte del Bangladesh, la premier Sheikh Hasina, che ha scelto di ridimensionare la minaccia fondamentalista. E alla quale – se la matrice fosse confermata – romperebbero le uova nel paniere, con un tempismo eccezionale.

Nelle ultime settimane la leader del partito di governo Awami League ha incassato innegabili successi diplomatici. Innanzitutto la visita di papa Francesco, a lungo corteggiato, che verrà accolto con tutti gli onori e che, appena arrivato, andrà a visitare il memoriale nazionale dei martiri della guerra di liberazione dal Pakistan, da cui nel 1971 è nato il Bangladesh indipendente.

Ma Sheikh Hasina ha incassato anche la presa in carico di quei 650.000 Rohingya scappati negli ultimi mesi alla pulizia etnica dei militari birmani, accampati negli insediamenti a ridosso del confine, dove i tetti di plastica e bambù delle tende si perdono a vista d’occhio.

Il Bangladesh è un paese povero, sovrapopolato, segnato da problemi interni enormi. Eppure è generoso e accogliente, ripete la macchina mediatica del governo. E ripetono con orgoglio i bangladesi, molti dei quali credono con sincerità ai poster per le strade che presentano Sheikh Hasina come «pioniera della pace», sovrapponendone la foto a quella di una donna Rohingya bisognosa, in cerca di aiuto.

Ma qui i Rohingya cominciano a essere percepiti anche come un problema serio, difficile da gestire, se non come un peso di cui sbarazzarsi. E tanti guardano di buon occhio perfino all’accordo tra il governo bangladese e quello birmano, che prevede il loro progressivo rimpatrio in Myanmar, dove finirebbero nelle mani dei propri persecutori.

SHEIKH HASINA dunque gonfia il petto trionfante. Dalla sua, nonostante il divario crescente tra ricchi e poveri, ha anche i dati della contabilità economica.
L’Asian Development Bank per il 2017 certifica una crescita del Pil del 7%. E le previsioni per il 2018 si attestano sulle stesse percentuali. Se il prete cattolico fosse stato sequestrato dai barbuti, i finti musulmani potrebbero assestare un colpo significativo alla primo ministro. Incrinandone l’immagine di donna capace e risoluta proprio nei giorni in cui i media si concentrano sul Bangladesh.

L’OBIETTIVO è dettare l’agenda. Togliere la scena perfino a Jorge Mario Bergoglio. Che qui viene invocato come il protettore di una minoranza vulnerabile. Preoccupata, ma pronta ad accoglierlo: saranno centomila i fedeli che sabato parteciperanno alla messa al parco Suhrawardy Udyan. Trecento di loro, avrebbero dovuto essere accompagnati proprio da William Walter Rozario, il prete sparito.