Gli alimenti offerti dalla natura, frutti, vegetali, tuberi, semi, carne, pesce, sono soggetti a rapido deterioramento ad opera degli agenti esterni come calore, esposizione all’ossigeno, umidità, microbi. La necessità di conservarli si è presentata già migliaia di anni fa e il problema è stato risolto con la cottura, l’essiccazione, l’affumicamento o l’addizione di sale. Il sale poteva essere raccolto sulle rive del mare o estratto da giacimenti esistenti in Africa o nel Medio Oriente, ed è diventato oggetto di un grande commercio internazionale.
Si trattava però di tecniche rudimentali ed empiriche, che si rivelarono inadeguate quando i paesi europei, dopo il 1500, si sono trovati di fronte ai lunghi viaggi oceanici e alle lunghe campagne militari che richiedevano delle scorte di alimenti stabili per molti mesi. Nel 1765 l’italiano Lazzaro Spallanzani dimostrò che gli agenti responsabili della degradazione microbica – i «germi» – muoiono e non rinascono più se gli alimenti in bottiglie di vetro ben chiuse sono immersi in acqua bollente per circa un’ora.

Il bisogno di disporre di alimenti conservati per i marinai nei viaggi oceanici aveva indotto nel 1787 la Royal Society of Arts britannica a offrire un premio di 52 sterline a chi avesse scoperto un nuovo processo di conservazione. Era stata probabilmente la notizia di questo premio e la conoscenza dell’opera di Spallanzani che aveva spinto il francese Nicolas Appert (1749-1841), a condurre, alla fine del 1700, degli esperimenti di conservazione degli alimenti entro bottiglie di vetro ben chiuse che venivano tenute a lungo in acqua bollente. Fin dalle prime prove Appert constatò che i vegetali, la carne e il latte così trattati si conservavano intatti per mesi.
Col tono un po’ enfatico della stampa dell’epoca il Courier de l’Europe il 10 febbraio 1809 scrisse: «II signor Appert ha trovato un sistema per fermare le stagioni: nella sua casa la primavera, l’estate, l’autunno vivono in bottiglie, simili a quelle piante che il giardiniere protegge sotto una cupola di vetro contro le intemperie».

Il ministro dell’interno di Napoleone assegnò ad Appert, nel 1810, un premio di 12.000 franchi come riconoscimento delle sue benemerenze per il progresso umano, con l’impegno che egli redigesse un rapporto con la descrizione del processo. Ciò fece nel 1810 con il libro Le livre de tous les ménages, ou l’art de conserver, pendant plusieurs années, toutes les substances animales et végétales, che fu subito un successo e nel 1812 Appert cominciò la produzione industriale di conserve alimentari in vetro.
Nel 1814, cessato il blocco continentale imposto da Napoleone alle navi inglesi, Appert andò in Inghilterra per diffondere il suo libro; figuratevi la sua sorpresa quando scoprì che due inglesi John Hall (1755-1836) e Bryant Donkin (1768-1855), avevano utilizzato la sua stessa tecnica di sterilizzazione degli alimenti col calore, dopo aver comprato il brevetto del 1810 di un certo Durand che aveva tratto l’idea dalla lettura del libro di Appert.

I due imprenditori inglesi producevano alimenti conservati anziché nel pesante vetro, in scatole di banda stagnata, la sottile lamiera di ferro protetta internamente da un sottilissimo strato di stagno, inventata e brevettata proprio negli stessi anni in Inghilterra.
Scatole di carne e di verdura conservate di produzione inglese furono usate nei viaggi di esplorazione polare degli anni venti dell’Ottocento. Una scatoletta di carne abbandonata dall’esploratore Parry fu trovata e aperta 114 anni dopo e il suo contenuto fu analizzato e trovato in buono stato di conservazione.

Lo stato della tecnologia è descritto in una relazione redatta da Donkin e Gamble, un altro socio, nel 1832 e intitolata Official reports and copies of numerous documents relative to the latest improvements of Gamble’s patent fresh preserved provisions.

Anche se nel 1830 i cibi in scatola comparvero nei negozi inglesi, la nascita di una vera industria degli alimenti in scatola fu possibile attraverso il superamento di varie difficoltà. Non tutti i fabbricanti riuscivano ad ottenere alimenti in scatola di buona qualità; si sapeva che la conservazione era assicurata da un trattamento a caldo, ma non si sapeva esattamente a quale temperatura i microbi vengono uccisi, quale è la durata minima del trattamento; se le scatole erano troppo grandi il calore non arrivava al centro della scatola e la carne dopo poco marciva.

Durante il riscaldamento le scatole spesso si rigonfiavano e i primi fabbricanti lasciavano aperto nelle scatole un forellino da cui usciva l’aria e che veniva poi chiuso in fretta, con una saldatura, alla fine del riscaldamento.
La soluzione definitiva sarebbe stata offerta dall’invenzione dell’autoclave, cioè di un recipiente chiuso in cui l’acqua è scaldata ad alta temperatura sotto pressione. Per inciso, l’autoclave per l’industria conserviera fu inventato da Raymond Chevalier-Appert, nipote di Nicolas Appert. Quest’ultimo era morto nel 1841, in miseria. L’aumento della richiesta di scatole di latta da parte dell’industria conserviera portò a rapidi progressi nella tecnologia della fabbricazione della banda stagnata, delle scarole di latta e nella tecnica di saldatura.

I successi dell’industria delle conserve alimentari furono accompagnati da vari incidenti. All’inizio del 1852 la cattiva qualità degli alimenti in scatola forniti alla marina britannica fu al centro di uno scandalo ripreso dalla stampa del tempo. La guerra di Crimea del 1853 fu il grande banco di prova per le conserve di carne e verdura e anche la prima convincente dimostrazione della loro utilità.
I grandi allevamenti di animali nell’America Latina e negli Stati Uniti contribuirono a creare le grandi industrie di macellazione e di conservazione della carne, la cui capitale mondiale è stata per decenni Chicago. Dopo la costruzione delle navi frigorifere transoceaniche gli animali macellati americani arrivavano anche in Europa alimentando l’industria europea delle carni in scatola.
In Italia il primo stabilimento per la produzione di conserve vegetali, soprattutto di pomodoro, fu realizzato da Francesco Cirio nel 1856. Nel 1881 cominciò la produzione, in Italia, di carne bovina lessata in scatola, nello stabilimento di Crescenzago fondato da Pietro Sada, e poi in quello di Monza costruito nel 1923 dal figlio Gino Alfonso Sada. Le prime fabbriche italiane di conserve furono costrette a usare scatole di latta di importazione, perché la prima banda stagnata fu prodotta in Italia soltanto nel 1890 da Luigi Origoni.
Gli alimenti in scatola avevano ormai cominciato un cammino di successi. Nella guerra anglo-boera del 1899 l’esercito britannico doveva la sua supremazia, fra l’altro, alla migliore alimentazione assicurata, appunto dai rifornimenti di scatole di alimenti conservati, rispetto all’alimentazione delle truppe boere che dovevano acconten­tarsi di carne essiccata affumicata.
Nel 1935 a Richmond, in Virginia, cominciò la produzione di birra in lattine.

Oggi l’industria delle conserve alimentari consente veramente di recuperare e utilizzare alimenti che andrebbero perduti, rende accessibili a basso prezzo a un gran numero di persone, anche delle classi e dei popoli poveri, cibi di elevato valore nutritivo.
Per molti decenni la banda stagnata è stata fabbricata per immersione della lamiera di acciaio nello stagno fuso. Nel 1930 negli Stati Uniti cominciò la produzione di banda stagnata per deposizione elettrolitica dello stagno sul lamierino. Il processo fu perfezionato durante la Seconda Guerra Mondiale perché permetteva di consumare meno stagno.
Attualmente è in uso un sistema di stagnatura elettrolitica a ciclo continuo; il lungo nastro di acciaio da ricoprire viene fatto passare attraverso una serie di vasche contenenti un anodo di stagno. L’aspetto dell’acciaio stagnato è grigio opaco; con la brillantatura gli viene conferito però l’aspetto brillante. Il nastro viene fatto passare attraverso una serie di rulli che portano il rivestimento di stagno alla fusione e poi raffreddato.

Nel frattempo l’uso di contenitori di banda stagnata si è esteso dal campo della conservazione degli alimenti a molti altri come i contenitori di prodotti spray (insetticidi, cosmetici, ecc), con notevoli innovazioni.