A parlare per gli Tsipras-scettici europei, o per dirla meglio, tutti quelli che temono qualcosa dal nuovo governo greco, ieri era senza dubbio la rivista tedesca Bild: che si chiedeva, detto proprio terra-terra, «Che cosa significa la scelta dei greci per i nostri soldi?». Domanda che si sono fatti un po’ tutti i tedeschi, con l’eccezione politica della Linke che invece ha sottolineato l’importante risultato del “collega” di sinistra. Manco a dirlo, comunque, il più “falco” di tutti resta il presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, che anche ieri non ha fatto sconti al paese fresco di elezioni, mentre nel frattempo l’Eurogruppo faceva il punto sulla situazione.

La Grecia è attualmente sottoposta a un programma di aiuti, «e naturalmente ciò significa che tale programma potrà proseguire solo se verranno mantenute le condizioni sottoscritte», ha detto il governatore della banca centrale tedesca. Come si sa, sono soprattutto i forzieri tedeschi e francesi a detenere un alto numero di miliardi di debito pubblico greco, e discretamente è messa anche l’Italia.

Quindi negli ambienti finanziari internazionali per il momento si guarda con molta attenzione, e potremmo dire anche tensione, alle prossime decisioni della Grecia: «Spero – ha detto successivamente Weidmann – che il nuovo governo non metta in dubbio quanto finora atteso, quel che è stato raggiunto. E spero anche che vengano affrontati i problemi strutturali nell’amministrazione, nelle finanze pubbliche ma anche nell’economia». Il futuro governo guidato dal leader di Syriza, non dovrebbe «fare promesse illusorie che il Paese non possa permettersi». Infine, il presidente della Bundesbank si è espresso scetticamente su un possibile ulteriore taglio del debito: «Per me è decisivo che le finanze pubbliche elleniche siano sostenibili sul lungo periodo. Finché questa condizione non sarà soddisfatta, anche un taglio del debito darebbe solo una piccola pausa per riprendere fiato».

Intanto a Bruxelles si è tenuto il primo Eurogruppo del 2015, con i ministri dell’Economia che hanno analizzato la situazione all’indomani del voto greco e del Qe lanciato la settimana scorsa da Mario Draghi. Il vertice è stato preceduto da un incontro speciale, con lo stesso governatore della Bce, il presidente della Commissione Ue jean-Claude Juncker e quello del Consiglio Ue, Donald Tusk. Tutti hanno più insistito sulla necessità di mantenere un buon dialogo con il nuovo governo greco piuttosto che tenere una linea di moniti o di allarmi. Tusk ha sottolineato come la Ue abbia «sostenuto la Grecia sin dall’inizio della crisi e s’impegna a continuare a farlo, appoggiando gli sforzi per mettere la sua economia su un percorso sostenibile».

Juncker è stato un po’ più esplicito nell’indicare che non si possono trascurare le politiche di bilancio, e postando su Twitter il suo messaggio di auguri, ha detto a Tsipras: «Promuovere lavoro e crescita sostenibile, mentre si continua ad assicurare la responsabilità di bilancio, è una sfida comune per tutta le Ue».

Draghi è apparso più preoccupato dalla riuscita del suo Qe, e ha insistito per l’ennesima volta, affermando che adesso le riforme devono accelerare (non ha nominato la Grecia, ma è chiaro che il monito va anche a Tsipras): «Senza un’accelerazione delle riforme il programma di acquisti della Bce non avrà un impatto duraturo sulla crescita e non andrà molto lontano».

Ma a farsi sentire sono state anche le agenzie di rating, pronte a bocciare la Grecia: secondo la Cnbc, S&P potrebbe agire con un bel downgrade sui titoli ellenici. La banca d’affari Merrill Lynch ha aggiunto che adesso l’Europa dovrà fare la «faccia feroce» nei confronti della Grecia, pena un generale lassismo che potrebbe contagiarsi a tanti altri paesi: «I governi più moderati di centrosinistra di Italia e Francia potrebbero decidere di intraprendere una via di rilassamento fiscale e di stop alle riforme strutturali, offrendo un pacchetto di politiche alternative a quello ispirato dalla Germania, che finora ha dominato l’aggiustamento fiscale in Europa», è l’analisi.

Restando quindi ai “falchi” ha detto la sua anche il ministro dell’Economia tedesco Wolfgang Schaeuble: «Nessuno obbliga la Grecia a nulla, ma gli impegni presi sono validi», il messaggio più che esplicito. Mentre il nostro Pier Carlo Padoan è stato più soft: sul debito di Atene si deve «trovare una soluzione compatibile con gli equilibri esistenti e che sia sostenibile nel tempo».