Il caso delle due banche venete diventa sempre più problematico per il governo Gentiloni e per le forze che lo sostengono, in testa il Pd. Dopo un convulso venerdì in cui, a tarda ora, la Banca centrale europea e il Comitato di risoluzione di Bruxelles hanno dato il loro via libera al salvataggio «all’italiana» – cioè a carico della collettività – della Popolare di Vicenza e di Veneto Banca, per tutta la giornata di ieri era atteso il consiglio dei ministri che avrebbe dovuto licenziare un decreto legge ad hoc. Un consiglio che è poi stato rinviato di 24 ore, oggi in mattinata.

Per capire alcuni motivi delle difficoltà, dei ritardi e delle incertezze dell’esecutivo, basta la fotografia sufficientemente nitida scattata da Elio Lannutti, dell’associazione di difesa dei cittadini Adusbef: «Si preannuncia un bagno di sangue, per i risparmiatori già truffati ed espropriati, e per le casse pubbliche, di almeno 12 miliardi di euro. Con i 28,8 miliardi di capitali e risparmi bruciati si arriva ad oltre 40 miliardi, una catastrofe finanziaria superiore ai crac Parmalat (14 miliardi) e alla truffa dei tango bond. Ora le pubbliche finanze, dopo i lunghi sonni di Bankitalia e del ministro Padoan, dovranno ripianare le perdite e farsi carico del fondo esuberi». Rincara la dose Stefano Fassina (Sinistra italiana): «Si prefigura un enorme regalo a Banca Intesa e un enorme danno ai contribuenti: a Intesa vengono regalati, ossia dati a costo zero, asset buoni e redditizi, la rete di sportelli nell’area più produttiva del paese, e fondi per ulteriori suoi esuberi. Mentre il bilancio pubblico si carica gli Npl (crediti deteriorati, ndr) e gli esuberi delle due banche venete. Complessivamente un impegno finanziario di circa 10 miliardi. Una soluzione inaccettabile».

Il parlamentare di Si chiede una volta ancora a Piercarlo Padoan di riferire a Montecitorio e Palazzo Madama, «prima di procedere a qualunque atto, e spiegare in dettaglio il piano di Intesa». Il motivo c’è: «Il mega regalo agli azionisti di Intesa non è l’unica strada possibile. Il governo non può essere così subalterno alle valutazioni di Bruxelles e Francoforte e così piegato agli interessi particolari. Vanno percorse altre strade. Si dovrebbe provare a negoziare un acquisto da parte di Intesa equo in termini di Npl e occupati. In alternativa, come con Mps, si dovrebbe procedere a un ingresso diretto del fondo pubblico nel capitale delle due banche venete, al fine di prendersi anche oneri e asset profittevoli, regolare le remunerazioni del management, e poi rivendere a risanamento avvenuto, minimizzando l’impiego di risorse pubbliche».

«Siamo sicuri – conclude perfidamente Fassina – che il presidente Mattarella segue con attenzione un passaggio così delicato». Per forza: la «ricapitalizzazione precauzionale» sul modello del tanto vituperato Monte dei Paschi, ben più grande delle due venete, costerebbe la metà: 6 miliardi, di cui 5 dello Stato e 1,2 dei privati. E in assenza di questi ultimi, così come ha osservato come punto di domanda il senatore indipendente piddino Massimo Mucchetti, «poteva metterlo il fondo di tutela dei depositi?». Su quest’ultimo punto è esplicativa la spiegazione di Pierluigi Bersani: «Il governo fin dai tempi della Banca Etruria doveva andare in contenzioso con l’Unione europea alla corte del Lussemburgo, per consentire che intervenisse il fondo di garanzia interbancario, anche a sponda di un intervento pubblico che sarebbe stato ben più ridotto. Invece ci siamo bevuti quell’affermazione della Vigilanza europea per cui il fondo di garanzia interbancario sarebbe di natura pubblica, e siamo arrivati a questo punto». Con l’ok di Francoforte alla liquidazione delle due banche, si osserva fra gli addetti ai lavori, ora lo smaltimento delle sofferenze grazie all’intervento pubblico è diventato possibile. Non lo è invece finanziare con soldi pubblici – a occhio almeno 4 miliardi – l’acquisizione da parte di Intesa della parte sana delle banche. Per questo, all’ora di cena, Palazzo Chigi ha annunciato che il decreto legge «è ancora da limare», e che il consiglio dei ministri è stato rinviato di 24 ore.