L’audizione di Francesco Greco alla commissione bicamerale di inchiesta sulle banche arriva nel momento più indicato, visti gli effetti collaterali del caso Visco, governatore di Bankitalia di fatto sfiduciato da una mozione del Pd. Il procuratore capo di Milano – dove ha sede la Borsa – ha attualmente in gestione ben 57 procedimenti tra cause bancarie e intermediazione finanziaria, un dato che fa della sua procura la capolista delle inchieste finanziarie in corso nella penisola.
A San Macuto il magistrato espone con chiarezza lo stato delle cose. A partire dalla riforma delle autorità di vigilanza: “Se ne parla da molto tempo, è difficile districarsi: bisogna decidere chi deve fare certe cose e chi no, perché c’è anche un accavallamento con la Bce, c’è una sorta di scaricabarile. Il sistema dei controlli non è del tutto efficiente e chiaro, per districarsi fra le autorità tra poco ci vuole un Tom Tom”.
Rispetto alle presunte sottovalutazioni da parte di Bankitalia e Consob delle crisi degli istituti di credito in questi ultimi, tempestosi anni di crisi finanziaria ed economica, la valutazione di Greco è quella che più si avvicina alla verità storica: “Spesso c’è stato un approccio prudente, giustificato dal fatto di volere evitare danni sistemici”. Al tempo stesso dal procuratore arriva un monito: “Quando c’è un reato penale è bene avvisare subito la procura: se non lo indichi tu ma lo scopro io, come è successo tante volte, è ancora peggio: si possono creare danni ancora più grossi”. Morale: “Bisogna avere la capacità di bilanciare un atteggiamento prudente con le necessità di fare chiarezza”.
Dal magistrato requirente viene lanciato anche l’ennesimo appello alla politica: “Il quadro normativo penale è insufficiente, si impone la realizzazione di un codice bancario adeguato”. Un codice penale bancario, che non esiste in Italia, e che il procuratore di Milano chiede, inascoltato, da tempo. Anche per non lavorare solo su iniziali ipotesi di reato come l’aggiotaggio, talvolta indicato anche per società non quotate, che però permette l’uso delle intercettazioni, ritenute fondamentale dagli investigatori in queste inchieste. “Acrobazie giudiziarie”, le chiama Greco. A riprova, l’aggiotaggio è il reato che, insieme all’ostacolo all’attività di vigilanza, è il più ricorrente nelle inchieste sulle banche, come ad esempio quelle su Veneto Banca e la Popolare di Vicenza. Le indagini colpiscono poi le pieghe dei bilanci come nel caso del Monte dei Paschi; i presunti prestiti facili, come per l’ex presidente della Popolare di Milano, Massimo Ponzellini, finito sotto accusa, o la fusione ‘sospetta’ tra Banco Popolare e Bpm, ancora sotto la lente della procura milanese.
A conti fatti per Greco il sistema bancario “ha bisogno di regole precise, sia amministrative sia penali”. E, ripete, bisogna anche evitare “un accavallamento delle competenze”. Anche perché le indagini sui reati bancari, che per loro natura sono lunghe e complesse, mettono in difficoltà per evidenti problemi logistici le procure più piccole. Infine Greco ha fotografato così le richieste della Bce di accelerare la pulizia dei bilanci bancari rispetto alle sofferenze: “Il prezzo dei crediti deteriorati lo fa l’acquirente, e più si accelera il processo di cessione, per esigenze europee, più si deprezza il valore di questi titoli. I crediti deteriorati pesano sulle banche in maniera enorme, sono quantificati tra i 340 e i 350 miliardi di euro”. Lordi, ma che al netto degli accantonamenti (circa il 50%) fanno lo stesso la cifra enorme di 172,8 miliardi. Di cui almeno un terzo senza reali garanzie.