Per il governo l’incubo del rating si è trasformato in una insperata boccata d’ossigeno. La conferma del rating da parte di S&P, arrivata venerdì a borse chiuse, si è fatta sentire ieri con una diminuzione in realtà lieve ma piscologicamente importante dello spread, che scende a 296 punti. Ma soprattutto con i risultati positivi del settore più critico, quello delle banche. Forse non è un caso se gli ultimi giorni sono stati i primi da settimane privi del quotidiano scambio di insulti tra Roma e Bruxelles. La Ue resta in attesa di una risposta italiana e in effetti starà al governo gialloverde decidere se inviare qualche segnale o no. E’ chiaro che a questo punto anche un passo minimo avrebbe rilevanza politica notevole. I boatos, incontrollabili, parlano di una Lega tentata di sacrificare un decimale, portando il deficit al 2,3% ma Salvini smentisce. Però è lo stesso leader del Carroccio a temperare le improvvide uscite di Di Maio contro Draghi coprendo di elogi il presidente della Bce.

Ieri Conte e Tria si sono incontrati. Sul tavolo le ultime definizioni della manovra, che il governo dovrebbe decidersi a inviare alla Camera domani, ma è difficile pensare che non abbiano discusso anche delle due mine che attendono il governo nelle prossime settimane. Una è la scelta sul come calibrare la risposta alla Ue, non solo nei contenuti ma anche nei toni. L’altra è il nodo della banche ed è persino più urgente. Domani, giornata del risparmio, è previsto un intervento sullo spinoso tema di Bankitalia. Lo stress test di venerdì dirà qualcosa di più, ma non moltissimo dal momento che non riguarda gli istituti maggiormente in sofferenza e considera i bilanci 2017, certamente migliori di quelli attuali. Ma molto già dicono i sondaggi riservati: parlano di un’Italia preoccupata proprio per la situazione delle banche e per il timore di una assolutamente indesiderata uscita dall’euro o addirittura dalla Ue.

Domenica Salvini e Di Maio hanno affrontato la questione, consapevoli infine di non poter più rinviare. Dopo i dissidi dei giorni scorsi, il leghista sembra aver convinto il socio sulla impossibilità di mandare a picco le due banche a rischio: Carige, che sarebbe vicina al fallimento, e Monte Paschi, che è sotto la quota minima di capitale. Ci andrebbero di mezzo non solo i banchieri ma anche e soprattutto i correntisti, i risparmiatori, e l’esito sarebbe per governo e maggioranza devastante. Se i due leader di maggioranza hanno messo a punto una strategia per affrontare la vicenda, però, non ne hanno fatto parola. Sul tavolo c’è sicuramente il miraggio di qualche aggregazione, al quale Salvini ha alluso nei giorni scorsi. Ma è un percorso molto impervio: bisognerebbe ricorrere alla Cassa depositi e prestiti, attivando però così automaticamente la vigilanza della Bce oppure affidarsi ai privati, che però non si muoverebbero certo senza cospicui incentivi.

In ogni caso il ricorso a un salvataggio statale, sotto qualsiasi forma, creerebbe immensi problemi soprattutto a M5S, che ha alle spalle polemiche durissime contro i salvataggi del governo Renzi. La speranza è che la somma tra il verdetto di S&P e il sospirato parto della manovra sortisca sullo spread effetti tali da sdrammatizzare un po’ la situazione. Ma per questo sarebbe necessario avviare quella distensione con la Ue che resta decisiva anche per l’andamento dei mercati. Così i due nodi che il governo deve affrontare nei prossimi giorni, dopo aver passato la minaccia di un crollo sui mercati, si intrecciano tra loro.