Il peggio non doveva essere passato? I fatti dicono invece che, almeno a Piazza Affari, le banche continuano a stentare. Gli ultimi due fulmini sul comparto del credito riguardano un caso già conosciuto e delicato, la Carige (Cassa di risparmio di Genova), in difficoltà nel lancio del terzo aumento di capitale in quattro anni, e in parallelo un altro istituto, il Credito Valtellinese (Creval), finito sotto i riflettori dopo l’annuncio, la scorsa settimana, di un aumento fino a 700 milioni di euro da lanciare nel primo semestre 2018.
A Genova si incrociano le dita dopo il passo indietro delle banche del comitato di garanzia – quelle che raccolgono il cosiddetto “inoptato” – sull’aumento del capitale da 560 milioni. Non c’è ancora il panico tra i correntisti che ripongono grande fiducia nel primo azionista Vittorio Malacalza che si è detto pronto a voler arrivare al 28% del controllo della banca (ora è al 17%) ma di non voler sostituirsi alle banche garanti, gli “advisor” (Deutsche Bank, Credit Suisse e Barclays). Quest’ultime avrebbero posto come condizione per impegnarsi l’ingresso nella partita di Unipol, che nei giorni scorsi ha convertito bond subordinati in suo possesso in bond senior, garantendosi così la possibilità di entrare nella compagine azionaria, aderendo all’aumento.
Per certo Carige ha perso il 65% del valore in questo 2017. E questo dopo due aumenti di capitale da 800 e 850 milioni fra il 2014 e il 2015, mentre l’ex presidente dell’istituto Giovanni Berneschi veniva condannato a 8 anni e 2 mesi per truffa alla “sua” banca. In serata l’amministratore delegato Paolo Fiorentino ha aperto comunque un cda, dopo essere stato per l’intera giornata in stretto contatto con le banche del comitato di garanzia, cercando di ritrovare un accordo. In parallelo i vertici della banca sono in contatto con la vigilanza Bce, per aggiornarla sulla situazione.
Quanto al Credito Valtellinese, i numeri dicono che in questo 2017 il valore delle azioni è passato dai 5,27 euro a inizio anno agli attuali 1,14. E’ l’effetto diretto dei conti in rosso (oltre 400 milioni da gennaio ad oggi); dei crediti deteriorati, dai quali la banca si aspetta una perdita massima di 770 milioni; e da una strategia insana nelle pieghe di un pur gigantesco aumento di capitale, da 700 milioni, giudicato eccessivo dagli addetti ai lavori e soprattutto dagli azionisti: prima dell’annuncio il titolo Creval valeva circa 3 euro, il giorno dopo 1,8 euro, e la discesa sta continuando.
Per giunta gli advisor Mediobanca e Jp Morgan hanno dato solo una pre-garanzia per gli inoptati, senza prendersi effettivamente carico dall’aumento di capitale. Risultato: l’operazione appare irrealizzabile, perché il Credito Valtellinese, al momento, sta chiedendo al mercato risorse per 3,5 volte la sua capitalizzazione. Ciliegina sulla torta acida, il forte sospetto di insider trading, visto che vendite assai robuste erano partite il giorno prima dell’annuncio dell’aumento di capitale.