È rivolta dei correntisti contro le quattro nuove banche istituite la settimana scorsa dal salvataggio del governo: si prepara una fuga di massa verso altri istituti, e l’esecutivo sta cercando una soluzione. Forse sarà possibile rimborsare, ma solo in parte, alcuni dei risparmiatori che avevano investito in obbligazioni subordinate e che hanno perso ingenti somme di denaro, ma le associazioni dei consumatori parlano già di «elemosina», rifiutano compromessi al ribasso e minacciano ricorsi.

Dall’altro lato, non è facile strutturare un rimborso pubblico: i regolamenti Ue infatti potrebbero classificarlo come “aiuto di Stato”. Lo ha spiegato ieri Roberto Nicastro, presidente delle quattro nuove banche: «I paletti della Ue per eventuali rimborsi ai risparmiatori che hanno sottoscritto le obbligazioni subordinate delle quattro banche Cariferrara, Carichieti, Banca Marche e Banca Etruria sono precisissimi e rigidissimi», ha detto.

La soluzione che sta studiando il governo è stata fatta trapelare da fonti del Partito democratico: verrebbe istituito un fondo, finanziato per un terzo dallo Stato e per due terzi dalle banche, per salvaguardare i correntisti retails titolari delle obbligazioni delle quattro banche salvate dal decreto. La creazione del Fondo sarà «l’ultimo emendamento alla legge di stabilità che verrà presentato», spiegano dal Pd.

I correntisti delle quattro banche interessate, però, non ne vogliono sapere di rimborsi parziali e stanno trasferendo i propri risparmi in altri istituti. Lo ha comunicato il gruppo «Vittime del Salva Banche», supportato da Adusbef e Federconsumatori: «Le persone truffate dal decreto stanno spostando i loro conti correnti siti presso la Nuova Banca Popolare di Etruria e del Lazio, la Nuova Banca Marche, la Nuova Banca Carife e la Nuova Carichieti», hanno spiegato

Chi minaccia di spostarsi sono «correntisti delle vecchie Banca Popolare di Etruria e del Lazio, Banca Marche, Banca Carife e Carichieti – prosegue il gruppo – ed erano stati spinti, in maniera obbligata e inconsapevole, ad acquistare obbligazioni subordinate, vendute dagli stessi dipendenti delle quattro banche, come titoli sicuri e con tassi di interesse bassi, quindi che non presupponevano alcuna speculazione e rischio». «La maggior parte – continuano – ricorrerà a istituti che godono di una vigilanza più attenta rispetto a quella che è stata in grado di fornire Bankitalia».

«Non accetteremo alcun contentino – conclude il gruppo – e ci batteremo per questa causa fino a quando non verranno risarciti agli obbligazionisti il capitale e gli interessi o titoli comparabili dalla nuova banca, e agli azionisti un warrant “sintetico” 1:1 ratio, in grado di permettere la sottoscrizione di percentuale di sconto definita, nel caso di quotazione in borsa della nuova entità».

Pronto alle barricate anche il Codacons: «Non accetteremo nessuna elemosina dal premier Renzi – dice il presidente Carlo Rienzi – e le briciole annunciate saranno rispedite al mittente. Siamo pronti a impugnare al Tar del Lazio qualsiasi provvedimento del governo che preveda rimborsi parziali. Il nostro obiettivo è di arrivare davanti alla Corte Costituzionale e dimostrare come eventuali misure di indennizzo non integrale dei titoli siano discriminatorie e incostituzionali».

Il presidente dei quattro istituti, Nicastro, dice di non sentirsi «preoccupato» per la fuga minacciata dai correntisti: «Penso che debba prevalere il buon senso – afferma – Le nuove banche sono solide e liquide, sicurissime, e i soldi e i depositi vengono usati per i mutui famiglie e i prestiti alle pmi».

E se Maurizio Gasparri (Fi) punta il dito contro la Banca d’Italia e il governo Renzi, chiedendo «un rimborso integrale dei risparmiatori», l’M5S chiede invece di «ridurre al 3% i dividendi di Bankitalia che vanno di norma ai soci privati, peraltro banche controllate e in conflitto di interessi, e destinare le risorse, circa 200 milioni, a dare un primo sollievo agli obbligazionisti ingannati». Secondo l’M5S si può far ricorso al Fondo interbancario di tutela dei depositi (Fitd) senza incorrere nella sanzione Ue per aiuto di Stato, perché «per lo stesso salva-banche è stato utilizzato il Fondo di risoluzione, che ha lo stesso inconveniente».