La photo opportunity di Pier Ferdinando Casini, presidente della commissione bilaterale sulle banche, con il segretario del Pd Matteo Renzi al consiglio regionale della Toscana ieri è apparsa inopportuna e ha sollevato un vespaio di polemiche su una vicenda – l’offensiva contro Bankitalia e sulle banche venete e i tentativi di rovesciare l’immagine del Pd sul caso Banca Etruria-Boschi – sulla quale gravano pesanti incognite elettorali. Secondo alcune indiscrezioni, in un incontro privato di 20 minuti, Casini e Renzi avrebbero parlato della commissione e sulle future alleanze in vista delle elezioni del 2018. «Che ci fa lì Casini? Si fa dettare un’agenda a uso e consumo del segretario Pd?» hanno protestato i Cinque Stelle. Per Giovanni Paglia (Sinistra Italiana) «praticamente siamo ai pizzini mediatici, dov’è il rispetto per la credibilità delle istituzioni?». «Chiederemo conto a Casini nella prossima seduta» ha annunciato Giorgia Meloni (Fratelli d’Italia). Casini, a Firenze per la presentazione di un libro, ha risposto: «Stiano sereni, un incontro riservato non si fa di fronte a cento persone». Ciò non vuol dire che incontrare chi, come Renzi, ha molto investito sulla commissione che si presiede sia la cosa migliore da fare a poche ore prima dell’apertura delle urne in Sicilia.

DALLE ELEZIONI SICILIANE Renzi si aspetta brutte sorprese. Una vittoria del centro-destra, o degli stessi Cinque Stelle, potrebbe azzoppare la non proprio trionfale campagna elettorale nazionale partita sul treno con «destinazione Italia», ma invisibile ai più. Potrebbe aprirsi un fronte interno al Pd. In vista delle elezioni politiche di primavera, sono settimane che ci si esercita nella previsione di una resa dei conti in casa Dem. Si ritiene, infatti, che un «cappotto» siciliano possa incoraggiare i malpancisti del Nazareno a lanciare il cuore tremebondo oltre l’ostacolo, mettendo in discussione la leadership di Renzi. Con Gentiloni (Minniti, Franceschini o Delrio) candidati nel 2018 al suo posto, sembra che sarà più facile ricomporre la famiglia piddina da poco scissa. A cominciare da Mdp, si specula. Ma non tutto è così semplice come il retroscena vuole. Roberto Speranza (Mdp) trova «intollerabile l’idea di buttare Bankitalia e le banche in una campagna elettorale scomposta».

AL DI LÀ DEL DIBATTITO sulla coalizione di «centro-sinistra», o circoscritta ai nanetti, è proprio quello che Renzi sembra intenzionato a fare. Se è così, lo si potrebbre vedere già giovedì quando la commissione tornerà a riunirsi a palazzo San Mancuto con un nuovo confronto con il capo della sorveglianza di Bankitalia, Carmelo Barbagallo, e Angelo Apponi della Consob. La prima audizione dei due non ha convinto i 40 parlamentari. Casini ha ricordato che sono emerse «incongruenze» dalle rispettive ricostruzioni sulle banche venete. Bankitalia e Consob hanno contrattaccato, sostenendo la tesi della responsabilità dei bancari. Fino a ieri tra le battaglie che si stanno giocando attorno alla commissione c’è stata quella di trascinare i lavori oltre la fine della legislatura, in regime di «prorogatio», a campagna elettorale inoltrata. L’intento del Pd avrebbe dovuto essere quello di usare il tema banche in chiave populista, in diretta concorrenza con i Cinque Stelle, contro i «poteri forti», fino a colpire il governatore Visco e, indirettamente, Mario Draghi (Bce) che ha voluto la riconferma del governatore. Sono ormai in molti a vedere quest’ultimo, tra un paio d’anni, a palazzo Chigi, nella poltrona dove Renzi vorrebbe tornare a sedersi.

CONTRO L’IMPROBABILE proroga elettorale della commissione si era espresso Casini. A dargli man forte ieri sono arrivate le lettere dei presidenti del Senato e della Camera. Piero Grasso e Laura Boldrini hanno confermato l’ovvio: a fine legislatura tutte le commissioni, dunque anche quella che preme a Renzi, si astengono da qualsiasi attività «inquirente». Possono stilare una relazione sull’attività svolta. Grasso e Boldrini hanno soddisfatto un’altra richiesta di Casini: i commissari potranno partecipare ai lavori in concomitanza del voto nei due rami del parlamento. Saranno considerati «in missione» quando sarà calcolato il numero legale in aula.

LA STRATEGIA di spremere elettoralmente la commissione, anche oltre la fine del mandato, sembra essersi così arenata. Considerato il clima da ring politico che la circonda non è escluso che sarà architettato un altro marchingegno procedurale, senza escludere colpi di teatro di ogni tipo. Forse, anche per questo, Casini avrebbe fatto meglio a scegliere un’altra meta per passare il suo week-end. Pur avendo sollecitato l’intervento di Grasso e Boldrini, così ha prestato il fianco alle polemiche mettendo in ombra la sua posizione «super partes», mentre, è quasi certo, che Renzi punterà ad alzare il tiro e ad accelerare il passo prima che la legislatura si chiuda definitivamente.