Con la prospettiva di lavorare esclusivamente durante la campagna elettorale, la commissione d’inchiesta sulle banche da ieri ha come scopo precipuo quella di evitare polveroni che possano nuocere al clima da inciucio Forza Italia-Pd-centristi. Per questo motivo – dopo lungo mediare – ieri a pranzo si è deciso che per indagare sugli scandali di questi anni si partirà dalle banche venete: lì i legami con i partiti c’entrano poco e nessuno è a rischio.
La discussione nell’ufficio di presidenza ieri è stata laboriosa. C’era il presidente Pier Ferdinando Casini che voleva cominciare addirittura convocando esperti di debito sovrano. La cosa è parsa troppo sporca perfino a Matteo Orfini che ha proposto il criterio cronologico al contrario: si parte dalle ultime crisi di Veneto Banca e Popolare di Vicenza per poi ritornare alle quattro popolari fallite lo scorso anno.
Per essere certi di non avere il tempo di affrontare il caso Boschi – lunedì è arrivata la richiesta di danni nei confronti (anche) del babbo di Maria Elena per il crack della Banca Etruria – però l’elenco degli auditi partirà alla chetichella. Martedì e mercoledì la prima convocazione – a tre mesi dal decreto istitutivo del 13 luglio – vedrà come protagonisti due magistrati: il sostituto procuratore generale della Corte di Cassazione Luigi Orsi e il procuratore della Repubblica del Tribunale di Milano Francesco Greco. Ma subito dopo, sempre l’ineffabile presidente Casini ha deciso di proporre «un focus specifico sul tema degli stipendi dei manager bancari».
Molto contento della soluzione anche il vicepresidente Renato Brunetta – ieri stranamente silenzioso sul tema – che ha suggerito – come citato da Casini – un «approccio metodologico incentrato sulla trattazione parallela e contestuale dei vari obiettivi». Insomma, accertare le responsabilità dei singoli sarà l’ultimo degli scopi della commissione.
M5S aveva proposto di iniziare da Mps e nella lista delle audizioni spiccava la richiesta di ascoltare le autorità di vigilanza, i vertici e i principali azionisti del gruppo ma anche il premier Matteo Renzi e la sottosegretario Maria Elena Boschi con suo padre, Pier Luigi.
Molto critico il commento del rappresentante di Sinistra Italiana Giovanni Paglia: «Non ci siamo proprio. La Commissione segna la seconda falsa partenza, decidendo ancora una volta di non decidere. Ho chiesto come la quasi totalitèà dei commissari che non si perdesse tempo con audizioni di contorno, e si cominciasse direttamente dalle autorità di vigilanza: Bce, Commissione Europea, Eba, Bankitalia, Consob, Antitrust. Questo sarebbe indispensabile per costruire il quadro in cui muoversi, dati i molti omissis che hanno caratterizzato gli anni che abbiamo alle spalle. Tutto questo sempre e comunque con la massima lentezza possibile», conclude Paglia.