Niente da fare, le bad bank all’italiana non convincono Piazza Affari che chiude a -3,50%, trascinata in basso dall’intero settore bancario. Solo dopo la chiusura le azioni degli istituti di credito iniziano a recuperare qualcosa. Forse sulla scia della possibilità che la Bce introduca una delega per i titoli – quelli che le bad bank dovranno cercare di vendere con al loro interno i crediti deteriorati – che otterranno la garanzia di uno Stato sovrano. Il tutto in deroga al regolamento di Francoforte, che però al momento è chiaro: “Al momento dell’inclusione nella cartolarizzazione, un prestito non deve essere oggetto di contenzioso, in default, o in probabile insolvenza”. E questo impedirebbe alla Bce di acquistare, con il quantitative easing, quantomeno le sofferenze bancarie di miglior qualità sui 200 miliardi complessivi.
Piove sul bagnato insomma. A riprova nell’after hour, nonostante un tentativo di ripresa, i titoli bancari restano in rosso anche profondo. Ad esempio la Popolare di Milano segna -8,83%, la Bper -3,62%, Unicredit -5,90%, Ubi -5,64%, il Banco Popolare -3,74% e Carige -4,53%. Discorso a parte merita il Monte dei Paschi, che chiude a -6,68% ma poi recupera a -3,80% dopo il preconsuntivo del bilancio 2015. Rocca Salimbeni torna infatti in utile netto di 390 milioni, dopo lunghi anni di sprofondi miliardari.
Al risultato positivo contribuisce la contabilizzazione a saldi chiusi, su richiesta Consob, della ristrutturazione con i giapponesi di Nomura del famigerato derivato Alexandria, che risulta pari a circa 500 milioni di euro. La mossa dell’organismo di vigilanza aiuta il Monte, che con Alexandria a saldi aperti avrebbe chiuso il preconsuntivo con 110 milioni di deficit. Anche a causa di alcune poste straordinarie, come i costi di chiusura proprio di Alexandria, e il contributo straordinario al Fondo di risoluzione delle banche per tappare le falle miliardarie di Banca Etruria e di Banca Marche, CariChieti e CariFerrara.
Nel mentre emergerebbero alcuni particolari dell’accordo raggiunto a Bruxelles, fra il ministro Padoan e la commissaria Vestager, sui crediti deteriorati delle banche italiane. Alcune indiscrezioni ipotizzano che il costo della garanzia statale, che dovrà aiutare a far vendere i pacchetti di titoli con al loro interno le sofferenze, dovrebbe essere di 90 punti base nei primi tre anni. In altre parole l’interesse della garanzia sarebbe dello 0,9% annuo, una percentuale vicina alle richieste Ue – 100 punti base – e lontana dalle proposte di Padoan (e dell’Abi), circa trenta punti base.
Va da sé che siamo ancora nel campo delle ipotesi, visto che il via libera al provvedimento sarà dato nel consiglio di ministri della prossima settimana. Con uno slittamento di tempi provocato sia dalla complessità dei meccanismi da adottare, sia probabilmente dal tira-e-molla ancora in corso fra il Mef e Bruxelles. Al pari, si ipotizza che non ci sia al momento un limite massimo per le garanzie che potrebbero essere richieste dalle singole bad bank. Mentre è già una certezza la moral suasion del governo per una aggregazione, con scambio dei titoli alla pari, fra il Banco popolare e la Banca popolare di Milano.