Ci si poteva aspettare da Renzi, il giorno dopo del compromesso raggiunto con una parte della sua minoranza sul cambiamento della legge elettorale, un discorso alla Leopolda improntato alla volontà di dialogo con coloro che la pensano diversamente sul referendum. Invece è accaduto l’esatto contrario.

Sembra che il suo unico chiodo fisso siano stati Bersani e D’Alema. I fischi e i «fuori» urlati contro di loro dalla platea non sono stati contrastati dal segretario-presidente del consiglio. E in subordine sono venuti attacchi agli altri protagonisti del fronte del No.

Ma se il capo del Pd ha ammesso con la commissione formata dai principali esponenti del suo partito che l’Italicum si può cambiare, e molto, perché non ha battuto il tasto dell’ascolto (così farebbe un premier statista, gli ha rinfacciato non senza ragione il vecchio De Mita) piuttosto che quello della polemica faziosa?

Sospetto che sia nella sua natura. Come la favola dello scorpione, che uccide la rana anche se lo sta portando in salvo sulla schiena: non può proprio rinunciare a affondare il suo aculeo.

D’altra parte è difficile trovare qualche discorso politico – almeno tra quelli veicolati dai media – capace di suscitare emozioni e pensieri positivi. Ho simpatizzato umanamente con il tentativo di Gianni Cuperlo, persona che stimo. Temo che la natura di Renzi lo deluderà ancora. A quanto pare non riesce ad ascoltare nemmeno i consigli di amici provati come l’imprenditore Oscar Farinetti, sempre più preoccupato dell’antipatia che promana dalla figura del premier.

Rispondendo a Minoli Renzi ha detto che stima tra chi dirà No Carlo Petrini, gli piacerebbe che cambiasse idea. Ecco un esercizio che dovrebbero consigliargli: che cosa dire e fare per provare a convincere uno come l’ideatore di Slow Food e degli incontri globali nel nome della Madre Terra?

Ma ormai non si «cambia verso». Mi ha colpito che un altro sostenitore del capo del governo – Claudio Petruccioli – abbia affermato (sulla Rivista intelligente on line, www.larivistaintelligente.it/se-fossi-renzi/, in modo più serio che faceto) che il modo più efficace di aiutare la vittoria del Sì per Renzi sarebbe quello di dimettersi subito!

Sono sintomi di quella che definirei una bancarotta della politica (di cui non è Renzi il solo responsabile). Il termine è stato usato da papa Francesco nell’unico discorso politico che mi abbia suscitato emozioni e pensieri positivi in questi giorni. È stato ripreso in resoconti piuttosto brevi sui quotidiani di domenica scorsa, ma merita di essere letto integralmente sul sito vaticano: http://w2.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2016/november/documents/papa-francesco_20161105_movimenti-popolari.html

Francesco ha parlato per la verità di bancarotta dell’umanità a proposito delle condizioni di profughi e migranti nel Mediterraneo. Ecco il passo: «Faccio mie le parole di mio fratello l’Arcivescovo Hieronymos di Grecia: Chi vede gli occhi dei bambini che incontriamo nei campi profughi è in grado di riconoscere immediatamente, nella sua interezza, la “bancarotta” dell’umanità» (Discorso nel Campo profughi di Moria, Lesbos, 16 aprile 2016). Cosa succede al mondo di oggi che, quando avviene la bancarotta di una banca, immediatamente appaiono somme scandalose per salvarla, ma quando avviene questa bancarotta dell’umanità non c’è quasi una millesima parte per salvare quei fratelli che soffrono tanto? E così il Mediterraneo è diventato un cimitero, e non solo il Mediterraneo…».

Ma insisto, leggetelo tutto.