Secondo contratto in due giorni, e dopo il commercio ieri è toccato ai bancari. Una conquista importante, innanzitutto perché con l’Abi nei mesi scorsi si era arrivati alla rottura, fino alla disdetta unilaterale dell’accordo nazionale, con la possibilità che si andasse verso tanti aziendali. E poi si rinnova in periodo di deflazione, con altre parti datoriali che avevano chiesto addirittura una restituzione ai lavoratori.

Infine, punto politico che può parlare a tante vertenze aperte nel mondo degli appalti, come i call center: nelle ristrutturazioni e passaggi di lavoratori anche a nuove società si conserverà l’articolo 18, senza applicare le nuove assunzioni a tutele crescenti previste dal Jobs Act.

L’aumento che si applicherà ai 309 mila bancari è di 85 euro (stessa cifra spuntata nel commercio), ma per ottenerlo i sindacati hanno dovuto allungare la vigenza, e portarla di fatto a 4 anni (fino al 2018), in tre tranche fissate al’1 ottobre 2016, 2017 e 2018. «Sono cifre superiori a quelle erogate con il bonus fiscale da 80 euro. Lo dico perché mi ricordo che qualcuno diceva “solo noi abbiamo dato queste cifre”», ha commentato Susanna Camusso, riferendosi senza nominarlo a Matteo Renzi.

I sindacati hanno ottenuto il mantenimento dell’area contrattuale, degli scatti di anzianità e degli inquadramenti. L’Abi ha ottenuto per contropartita un ricalcolo del Tfr, che lo rende meno oneroso, e la “fungibilità all’interno delle aree professionali e dei quadri direttivi”: per tradurre, si potranno cioè attribuire a un lavoratore mansioni di inquadramenti diversi rispetto al suo.

Cambia il salario d’ingresso per i giovani bancari: si riduce la penalizzazione dal 18% al 10% rispetto a quello standard. Si conferma la contribuzione aziendale sulla previdenza integrativa al 4%. Il fondo per l’occupazione verrà destinato anche al sostegno della rioccupazione (fino a oggi si poteva contare solo sul fondo emergenziale, usato perlopiù per gli scivoli).

Rispetto alle pesanti ristrutturazioni previste (alcune già in atto da diversi anni, ma ora si aggiunge la riforma delle popolari), nel nuovo accordo si stabilisce il mantenimento delle condizioni contrattuali attuali per i lavoratori che confluiranno in nuove società a seguito di processi di riorganizzazione o ristrutturazione aziendale, oppure in casi di cessioni individuali e collettive dei contratti di lavoro, senza che venga applicato il nuovo contratto a tutele crescenti previsto dal Jobs Act. Viene inoltre istituita una “Piattaforma per l’occupabilità” di chi ha perso il posto; e in caso di nuove assunzioni le banche valuteranno prioritariamente le posizioni dei dipendenti confluiti nel Fondo emergenziale.

«Abbiamo sconfitto la linea di chi in Abi aveva puntato alla disdetta e alla disapplicazione del contratto», commenta il segretario Fisac Cgil Agostino Megale. «Un risultato importante, che concilia gli interessi dei lavoratori con le esigenze di stabilità ed equilibrio delle banche», dice l’Abi.