Non ci sta, il governatore di Bankitalia Vincenzo Visco, a fare la parte di un “illusorio capro espiatorio” mentre la “situazione economica non è favorevole” e “i sentimenti di odio che ne derivano possono portare i nostri giovani a pensare che non vi sia più spazio per la competenza, per l’integrità morale e per il senso del dovere. Bankitalia era e resterà sempre un’istituzione a esclusivo servizio dello stato”. Visco parlava ieri a un’iniziativa in memoria di Giorgio Ambrosoli e ha fatto accompagnare le sue parole da una lunga ricostruzione del commissariamento della Banca Popolare di Bari che ha riportato Via Nazionale al centro di nuovi attacchi di una parte importante del governo (Cinque Stelle e Italia Viva) e dell’opposizione (Lega). L’accusa è: Bankitalia si sarebbe mossa in ritardo e riguarderebero in particolare il tentativo di acquisizione della banca abruzzese Tercas nel 2014, bloccato dalla Commissione Ue, in seguito sbloccata ma con una perdita cospicua. La risposta: gli accertamenti sono iniziati nel 2010. Da allora ci sono stati scambi frequenti con la Consob e, in particolare nell’ultimo anno, con i giudici e il governo attuale. La prima richiesta di cambio dei vertici è stata avanzata nel 2017. La settimana scorsa i vertici sono stati commissariati.

Le polemiche contro Via Nazionale riguardano anche il commissario Antonio Blandini, già membro del comitato di sorveglianza nel commissariamento di Tercas. Per i Cinque Stelle non sarebbe in grado di esprimere una valutazione “oggettiva” sul governo della banca barese. Siamo, probabilmente, all’inizio di una vicenda che sarà amplificata dall’istituzione della commissione parlamentare sulle banche ottenuta dai grillini. Come già avvenuto nella scorsa legislatura, può diventare un nuovo tribunale tra l’altro contro Bankitalia. Giovedì 19 dicembre potrebbe anche vedere la luce. Per la presidenza il borsino dei Cinque Stelle vede Elio Lannutti, carla Ruocco, Laura Bottici e Raphael Raduzzi. Lo scontro è sulle prossime nomine in Bankitalia: il passaggio del direttore generale Fabio Panetta alla Bce in sostituizione di Mario Draghi può portare in via Nazionale Daniele Franco, già ragione dello Stato, contro il quale Di Maio si è scagliato. Sulla Popolare di Bari si sta giocando uno scontro tra renziani e pentastellati. Ieri Renzi ha, contraddittoriamente, giustificato l’intervento a favore dei risparmiatori ma ha attaccato i Cinque Stelle perché danno 900 milioni a una banca. Come se nel governo non ci fosse lui. Dall’altra parte, il viceministro allo Sviluppo Economico Stefano Buffagni esorta ad andare «come un bulldozer contro i banchieri” e Carlo Sibilia per il quale “Nessuno di noi al governo ha parenti nel cda della banca”. Allusione a Mariaelena Boschi e al caso Banca Etruria.

L’operazione di salvataggio della Popolare di Bari, esposta in maniera cospicua anche sul fronte dei crediti deteriorati, è avvenuta domenica sera con un decreto in tre punti approvato last-minute dal governo dopo 48 ore di polemiche per evitare lunedì il panico agli sportelli all’indomani. Il governo ha stanziato 900 milioni per Invitalia perché finanzi il Microcredito centrale e gli consenta di acquisire quote della banca. Tra gli obiettivi c’è quello di creare una banca d’investimento che nascerebbe dalla scissione delle acquisizioni fatte dal Mediocredito e dovrebbe sostenere le imprese del Mezzogiorno. Della complicata partita fa parte il Fondo interbancario di tutela dei depositi (Fitd) che dovrebbe versare almeno 300 milioni su un fabbisogno di 1,2 miliardi, costo complessivo dell’operazione. Per Bankitalia la liquidazione della Popolare di Bari costerebbe 4,5 miliardi, il totale dei depositi fino a 100 mila euro sui conti correnti. Al momento il Fitd è dotato di 1,7 miliardi. Le banche italiane consorziate dovranno versare altre 2,75 miliardi per attivare interamente il fondo. Il caso barese è costato 1,5 miliardi.

La partita è enorme per una regione come la Puglia. Per via del suo radicamento territoriale, anche per la sua veste di “popolare”, se salta la banca di via Cavour a Bari sarà una rovina per 70 mila soci, 600 mila clienti, 100 mila aziende e depositi pari a 8 miliardi di euro. La situazione è così tesa da avere spinto il presidente della Cei Gualtiero Bassetti a chiedere al governo la tutela del “bene comune”, in questo caso identificato con il risparmio e il capitale. “Certo, non so come si sia arrivati a questi crack» ha aggiunto. L’intervento del governo sembra avere permesso di fermare il rischio, per il momento. Lo ha assicurato ieri il sindaco di Bari Antonio De Caro. Conferme in queste senso sono arrivate da otto associazione dei consumatori che rappresentano oltre duemila trea azionisti e obbligazionisti. «La Popolare di Bari è fra le banche meno significative, se così si può dire, e quindi non sotto la nostra vigilanza diretta. Siamo tenuti informati dalla Banca d’Italia» – ha detto il presidente del Consiglio di vigilanza bancaria della Bce, Andrea Enria – Il punto è che non ci siamo ancora quanto a efficacia e funzionamento del meccanismo di gestione delle crisi bancarie».