Ci vorrebbe un’altra Europa, non questa. Il tono non è ostile ma il discorso è netto e autorevole. Non può non suonare come una bocciatura. Il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, dice che vorrebbe “un’Europa leader della solidarietà globale”, e lo dice mentre l’Europa si appresta a schierare le sue navi da guerra nel Mediterraneo limitandosi ad accogliere 40 mila migranti su base volontaria solo per rispondere ad una “emergenza”, dunque senza l’obbligo delle quote. Troppo poco, mentre ogni giorno ne sbarcano centinaia e centinaia sulle coste italiane e greche.

L’affermazione di Ban Ki-moon contrasta nettamente con la decisione dei ministri degli esteri della Ue che hanno dato il via libera alla prima fase della missione navale EuNavForMed al largo delle coste libiche per intensificare “la lotta contro i trafficanti di esseri umani” (domani verrà annunciata ufficialmente al vertice europeo). I militari saranno operativi entro una settimana. Si dà il caso però che la fase due, la distruzione dei barconi e il pattugliamento in acque libiche, dovrà essere ratificata da una risoluzione dell’Onu – altrimenti sarebbe una dichiarazione di guerra.

Ban Ki-moon, nell’intervento di ieri a Strasburgo, davanti all’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, pur senza nominarla non è sembrato ben disposto nei confronti dell’opzione militare. Ha chiesto altro, più “canali legali” per i migranti, non navi da guerra. “I paesi europei – ha detto – sono i più ricchi e hanno la capacità di condividere la loro prosperità con altri. Per questo continuo a sollecitare i leader europei a guardare alle cause fondamentali dei flussi migratori, ma allo stesso tempo e prima di tutto, a salvare le vite umane e a provvedere all’assistenza umanitaria”. Il suggerimento del segretario generale dell’Onu suona come un avvertimento all’Europa che si sta imbarcando verso un’altra avventura libica: “Occorrono più canali legali verso l’Europa per i migranti, perché questo ridurrà il numero di persone che rischiano la vita”.

La Ue sta facendo esattamente il contrario. Sembra già tutto deciso, lo si capisce anche dalla rassegnazione malcelata dei ministri più esposti di questa missione che sembra impossibile. Angelino Alfano (Interni) continua a fingere che ci siano ancora margini per ricalibrare la redistribuzione dei migranti, ma è fiato sprecato: “Vogliamo che il meccanismo di ricollocamento di richiedenti asilo dall’Italia in altri paesi sia vincolante e obbligatorio e non su base volontaria. Vogliamo che l’Europa faccia l’Europa e prenda su di sé questo carico, puntiamo anche ad un numero più alto di ricollocamenti”. Senza tante velleità Paolo Gentiloni (Esteri) invece ha parlato di “passi avanti” in commissione Affari costituzionali. “Sono certamente molto limitati – ha ammesso – e sui quali il negoziato e il confronto sono ancora aperti ma tuttavia hanno messo in luce un minimo di capacità di reazione, che dimostra un minimo di consapevolezza, insufficiente ma che ha prodotto qualche passo avanti”. Anche sul tema dei rimpatri, un’altra inutile promessa di impegno da parte dell’Ue, il ministro ha ammesso che tra il dire e il fare ci sono problemi insormontabili: “Per non alimentare eccessive illusioni, dobbiamo essere consapevoli che la maggioranza dei migranti irregolari arrivano in Italia da quattro paesi (Eritrea, Somalia, Nigeria e Siria) con i quali non è possibile attuare politiche di rimpatrio perché non c’è modo di avere al momento accordi bilaterali né europei. Non esiste una singola misura miracolosa”.

Questo è il quadro desolante mentre sono sotto gli occhi di tutti – come scrive Medici Senza Frontiere che ieri ha lanciato un appello in vista del vertice di Strasburgo di domani – “le vergognose conseguenze dell’inazione degli stati membri dell’Unione Europea, che stanno ignorando le proprie responsabilità umanitarie”. Msf chiede alla Ue di mettere a disposizione le risorse necessarie per permettere all’Italia e alla Grecia di assicurare protezione adeguata e condizioni di accoglienza umane nei luoghi di arrivo a tutte le persone che chiedono assistenza. “Invece di parlare di solidarietà tra gli stati – ha dichiarato Manu Moncada, coordinatore per la migrazione in Italia – è tempo per l’Ue di agire concretamente per aiutare persone che fuggono da terribili crisi umanitarie e trovare un accordo su politiche che siano efficaci, piuttosto che confermare un atteggiamento ostile di respingimento istituzionale”.

Tanto più che è inutile, dal canale di Sicilia al mare del nord. Solo ieri più di mille migranti sono sbarcati in Sicilia. 292 persone a Pozzallo, tra cui anche il cadavere di un migrante del Gambia ucciso da un colpo di arma da fuoco sparato da miliziani libici. Altre 316 persone a bordo di due imbarcazioni sono arrivate a Lampedusa. Mentre a Messina sono sbarcati 512 migranti. E questa mattina, a Palermo, ne arriveranno altri 800. In tutto sono 1.920 persone in poche ore. E duemila chilometri più a nord, a Calais, dall’altra parte dell’Europa, centinaia di migranti hanno cercato di salire sui camion diretti in Inghilterra approfittando di un rallentamento causato da uno sciopero. A Calais in questo momento ci sono circa 3 mila persone che cercano di scappare dalla Francia: come dieci Ventimiglia. Nella cittadina ligure di confine anche oggi continua la clamorosa protesta dei cento migranti sdraiati sugli scogli che aspettano un’altra Europa.