Una due giorni intensa ha chiuso No Limits, 38a edizione del Festival Bolzano Danza, diretta da Emanuele Masi. Tre i programmi con la Principal Guest Company, la Gauthier Dance/ Dance Company Theaterhaus Stuttgart, guidata dall’istrionico Eric Gauthier. Il via con il cult Kamuyot di Ohad Naharin, crescendo di potenza energetica, emotiva e musicale che ha coinvolto con entusiasmo il pubblico. Al Teatro Comunale Gauthier ha presentato anche il progetto Moves for Future con i giovanissimi Gauthier Dance Juniors, ma l’attesa maggiore era per The Seven Sins, viaggio nei sette peccati capitali firmato da altrettanti coreografi. Riconoscibilissima la cifra dei sette autori con punte creative di eccellenza.

Eccole le bimbe correre insieme agli adulti verso il pubblico, urlando e lanciando pezzi di stoffa, tirarsi addosso sassi di gesso, spremere rape rosse da cui scendono finti rivoli di sangue che si spargono sul corpo, duettare allo stremo con gli adulti.

A COLPIRE in primis sono l’Accidia griffata da Aszure Barton per Andrew Cummings e Luca Pannacci, corpi che cedono alla gravità e alla mollezza; la Superbia di Marcos Morau con cinque donne in blu, protervia netta di gesti all’unisono scanditi da cambi di luce di pittorica densità; la Gola di Marco Goecke, assolo che devasta, eccitandolo, il corpo: ispirazione Freddie Mercury sulle note di Heroine dei Velvet Underground con il giovane italiano Gaetano Signorelli; e ancora l’Invidia di Sharon Eyal, giocata sul virtuosismo arrogante di tre figure femminili. Completano i peccati l’Avidità di Sidi Larbi Cherkaoui, dominato dal gusto della sopraffazione, la collettiva Lussuria ralenti di Hofesh Shechter, il duo in nero dell’Ira di Sasha Waltz. Sarà di nuovo in Italia in febbraio, il 7 al festival Equilibrio di Roma, il 10 ai Teatri di Reggio Emilia.

Coreografia da The Seven Sins

HA SOLLEVATO riflessioni sull’infanzia nel rapporto con la società attuale, con la forzata chiusura della pandemia, con il mondo degli adulti, promise me della neonata formazione di Gent laGeste nata dall’unione tra kabinet k e les balles C de la B di Alain Platel, direzione di Joke Laureyns e Hildegard De Vuyst. In scena cinque bambine, due danzatori adulti e un chitarrista, un pezzo esplosivo, cresciuto dall’estate 2020 attraverso laboratori. Uno sfogo liberatorio per le bambine – protagoniste eccezionali – vissuto, raccontano, con gioia, che suscita però in chi guarda non solo l’associazione con il desiderio di fuga che la pandemia ha fatto ben conoscere, ma anche immagini legate, al di là degli intenti, ad altri scenari. Eccole le bimbe correre insieme agli adulti verso il pubblico, urlando e lanciando pezzi di stoffa, tirarsi addosso sassi di gesso, spremere rape rosse da cui scendono finti rivoli di sangue che si spargono sul corpo, duettare allo stremo con gli adulti. Viene in mente l’esaltata voracità d’azione dei soldati bambini che ovviamente non è tema dei laboratori. Ma nella mente dell’osservatore adulto pulsa la realtà straziante che la storia porta con sé, cancellando l’innocenza. Ed è qualcosa che scombussola.

AL FESTIVAL anche significativa presenza di Alessandro Sciarroni. Nello spazio del NOI Techpark in prima assoluta Op. 22 No.2 per Marta Ciappina, in cui lo spunto de La Morte del Cigno del 1905 apre alla scrittura di una inedita figura femminile. Nell’acutezza di un gesto danzante teso ostinatamente verso il pubblico, prima nel silenzio, poi nella musica di Sibelius, Ciappina instaura con gli spettatori un dialogo emozionante di cui si sente vivo il riflesso. In prima assoluta anche il film Will you still love me tomorrow? di Matteo Maffesanti dedicato ai dieci anni dello spettacolo Folk’s di Sciarroni. Un docufilm di speciale intensità, voci dei protagonisti sempre fuori campo, un girato montato con sensibilità che ci porta dentro il senso di un percorso umano e artistico.