Il Giro d’Italia è passato come un fulmine. Ha colorato di rosa per diversi giorni i palazzi di Belfast e un po’ meno quelli di Dublino, dove è arrivato in volata. Pochi secondi e via, lasciandosi dietro quello stesso disincanto che attanaglia da tempo l’isola di smeraldo. Ancora di più alla vigilia di una maxitornata elettorale, locale ed europea.

Il boom economico che per un decennio (1995-2005) le aveva consegnato l’appellativo di Tigre celtica è un ricordo sfocato. L’Irlanda è un Paese perenemmente in bilico tra tradizione e modernità e, ora, il suo umore viaggia su binari paralleli. Da un lato l’incoraggiamento delle agenzie di rating: Moody’s, a 5 mesi dall’uscita dal programma bailout di aiuti europei, che aveva imposto una rigida austerity, ha deciso di promuovere Dublino, alzando la valutazione da Baa3 a Baa1, con prospettive di crescita migliori dei due Piigs maggiori, Italia e Spagna. Ma dalla crisi, l’Irlanda – come ha sottolineato recentemente lo scrittore Roddy Doyle – è uscita solo «nella maniera astratta che adorano gli economisti». Basta fare un giro per le vie della capitale per accorgersi di una realtà ben diversa.

Le persone che hanno perso la casa e dormono all’addiaccio sono in crescita, il 35% in più rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. E poi ci sono quei 180 mila giovani, tra i 18 ei 24 anni, che dal 2008 al 2013 hanno lasciato il Paese. L’emigrazione è nel dna irlandese, ma resta sofferta: no all’austerità e l’auspicio di non dover lasciare l’Irlanda sono stati i leit-motiv del corteo del primo maggio.

Sono i giovani irlandesi a pagare il prezzo dell’effimera ripresa. Con la partenza di molti ragazzi, per ironia della sorte, è diminuita, però, la percentuale di disoccupati, scesa quest’anno sotto il 12% (11,8 a marzo contro il 12,7 in Italia). A Dublino, il turnover e le possibilità di trovare occupazione sono comunque maggiori rispetto ad altre contee. E la retribuzione non è diventata un optional come al di qua delle Alpi. Nonostante la crisi la capitale resta cosmopolita, l’immigrazione, soprattutto dal Sud America, continua, per la maggior parte giovani brasiliani e venezuelani.

Ora, che le bandiere rosa del Giro sono state ammainate, restano appesi i manifesti elettorali. Si vota domani, tre le competizioni in ballo: voto locale, due collegi parlamentari e voto europeo (11 seggi). Quest’ultimo è quello che interessa meno, piu che antieuropeismo è indifferenza mista a delusione.

Che succederà? Gli ultimi sondaggi pubblicati dall’Irish Times anticipano un crollo del Labour (dal 13,9% al 7% e nessun eletto), penalizzato dalle larghe intese con i democristiani del Fine Gael (in calo ma sopra il 20% e con la possibilità di mantenere i 4 seggi in Europa) e dalle impopolari politiche governative. I conservatori liberali del Fiànna Fail, all’opposizione dopo gli scandali corruzione, resistono soprattutto nelle roccaforti del Sud. Ma la sopresa sarà il risultato del Sinn Féin (unico partito presente sia a Dublino che a Belfast) di Gerry Adams, il leader della lotta nordirlandese. Nonostante lo strano, ma momentaneo, arresto di settimane fa per indagini relative a un omicidio del 1972 (Adams si è detto innocente), il partito è pronto a un balzo in avanti e ad aggiudicarsi 3 seggi nel gruppo che in Europa sostiene Tsipras: la candidata Lynn Boylan a Dublino viene data al 23%.

Si aspetta un discreto risultato anche il piccolo Socialist Party guidato da Paul Murphy, europarlamentare uscente, a cui, nel 2011, fu negato l’ingresso nel cantiere del Tav a Chiomonte. Ma l’incognita maggiore resta l’astensione.