I mezzi di informazione polacchi indipendenti ieri hanno spento la luce. Pagine oscurate e trasmissioni sospese per dire «nie» all’introduzione di un nuovo balzello − fino al 15% dei ricavi − sugli introiti pubblicitari. I 45 firmatari dell’iniziativa «Media senza scelta» temono che il nuovo «contributo alla solidarietà» voluto dal governo della destra populista Diritto e giustizia (PiS) finisca per mettere al tappeto canali tv, radio, carta stampata e portali di informazione lontani dal potere.

Il partito di Jarosław Kaczynski e i suoi alleati hanno intenzione di usarne i ricavi per la spesa pubblica in materia di salute, beni culturali e per finanziare un nuovo fondo alla cultura a gestione ministeriale. A pagare la tassa saranno anche colossi mediali stranieri, bersaglio principale della retorica del governo, ma anche cinema e agenzie pubblicitarie.

Per i media colpiti dal provvedimento la solidarietà legata all’emergenza sanitaria è solo un pretesto e un nuovo tassello nel processo di repolonizacja dei media locali presente nell’agenda del Pis dal lontano 2015: «Siamo contrari all’introduzione di un aggravio di imposta fisso destinato a perdurare oltre l’epidemia di Covid-19», si legge nel comunicato diffuso dai media che partecipano alla protesta.

In molti rievocano la tassa sui mezzi di informazione introdotta in Ungheria da Orban nel 2014. Un primo passo verso la «ripolonizzazione» dei media era coinciso a dicembre scorso con l’acquisto di oltre un centinaio di giornali locali del gruppo tedesco Verlagsgruppe Passau da parte di Orlen, gigante energetico polacco a partecipazione statale.

In un’intervista alla televisione pubblica filogovernativa TVP, Beata Kempa, parlamentare dei sovranisti di Polonia solidale (Sp), ha dichiarato che la nuova tassa potrebbe portare a un nuovo scontro con Bruxelles.