Va a votare appena un elettore su due. O poco, pochissimo di più: 50,54% su base nazionale. Il dato del Viminale arriva oltre novanta minuti dopo la chiusura dei seggi, al termine di una giornata segnata da inquietanti segnali. L’annunciata fuga dalle urne è compiuta.

L’affluenza diminuisce di 11,6 punti rispetto a due settimane fa, e crolla rispetto al secondo turno delle comunali di cinque anni fa, quando era arrivata al 61,8% – mentre non è neanche paragonabile a quella delle ultime elezioni politiche (75,2%) e avvicina appena quella delle più recenti europee (57,2%). Eppure il grande crollo c’era già stato al primo turno di queste elezioni comunali, quando era andato a votare il 62,1% degli aventi diritto. Tant’è che malgrado il dato dell’affluenza di ieri sera alle 23 sia assai scarso, lo scarto tra primo e secondo turno resta uno dei più bassi delle ultime amministrative.

Su base nazionale, infatti, l’affluenza è sempre calata tra il primo e il secondo turno. Anche molto di più di ieri. Il punto massimo è stato toccato nel 2014 (si votava in città di media grandezza come Padova, Bari e Livorno) quando tra il primo e il secondo turno si persero circa venti punti. Lo scarto minore cinque anni fa, quando si votò proprio per le amministrazioni rinnovate ieri: la differenza tra primo turno e ballottaggio fu di poco inferiore al dieci percento. Nelle altre occasioni la media è stata attorno ai 15 punti in meno.

Ieri il crollo più vistoso è stato quello di Napoli: è andato a votare meno del 36% degli aventi diritto, cioè meno di trecentomila elettori su circa ottocentomila. In pratica gli aventi diritto di tre circoscrizioni delle dieci che compongono la città. Dove ieri a una mattinata di sole che invogliava al mare ha fatto seguito un pomeriggio piovoso. Già nel 2011 la partecipazione in città era precipitata tra primo e secondo turno, ma allora anche al ballottaggio si era superata (di pochissimo) la soglia psicologica del 50% che ieri è stata travolta. Bisogna aggiungere che quello di Napoli era un secondo turno dall’esito quasi scontato, la fotocopia di quello di cinque anni fa. Anche questa volta i candidati dei due partiti principali a livello nazionale – Movimento 5 Stelle e Pd – erano rimasti fuori al primo turno. Ma proprio a Napoli si può valutare bene l’effetto di questa fuga delle urne, a Napoli dove de Magistris ha registrato percentualmente un nettissimo successo. Il suo circa 67% dei voti del ballottaggio, però, corrisponde al voto di poco più del 24% degli elettori napoletani.

In altre città, dove la sfida dei ballottaggi era più aperta, l’affluenza è calata meno. A Torino è stata la più alta tra le grandi città, raggiungendo quota 54,41%, meno di tre punti persi rispetto al primo turno. In questo caso il paragone con le precedenti elezioni comunali (vinte nel 2011 da Fassino) è ingannevole perché allora bastò il primo turno (affluenza al 66,5%). Anche a Milano la differenza tra il primo turno del 5 giugno scorso e ieri alla fine è contenuta, meno di tre punti, ma in questo caso il paragonane con il ballottaggio di cinque anni fa descrive un tracollo: 15% in meno.

L’effetto di una partita già decisa in partenza deve aver pesato anche sull’affluenza a Roma, dove alla fine si è di poco superato il cinquanta percento: il 50,2% di due milioni e 300mila aventi diritto, il che significa che la soglia psicologica della metà del corpo elettorale è stata superata per appena quattromila voti. Nel caso di Roma la differenza rispetto a tre anni fa – quando si votò nel ballottaggio che assegnò la poltrona di sindaco a Marino – è in positivo: allora era andato a votare appena il 45% degli elettori romani. Ma allora c’era in campo il centrodestra, che questa volta è rimasto fuori al primo turno. Un elemento che deve accompagnare ogni analisi sulla vittoria del Movimento 5 Stelle.

Molto bassa l’affluenza anche a Bologna, dove si è recato alle urne appena il 53,15% degli aventi diritto. Una flessione rispetto a due settimane fa di oltre sei punti percentuali, e un risultato spaventoso rispetto al precedente di cinque anni fa, quando lo stesso Virginio Merola aveva vinto al primo turno – nel 2011 andò a votare oltre il 71% dei bolognesi, cioè si è perso per strada quasi il 20% degli elettori. Anche a Trieste l’affluenza è diminuita tra il primo turno – quando era arrivata al 53,4% – e il secondo. Ieri infatti anche nel capoluogo friulano è andato a votare meno di un elettore su due, appena il 47,4% degli elettori. L’affluenza si è fermata sotto al 50% anche a Crotone, Caserta e Brindisi, malgrado in quest’ultimo caso la vittoria (della destra) sia stata decise per un soffio.