Baldo The Guardian owls è una pietra miliare dell’artigianato elettronico che ha sofferto e soffrirà, un’opera d’arte della passione e della volontà ferita prima dalle sua urgenza e dalla sua amorosa ambizione, poi dai suoi innumerevoli nemici, pronti a scagliarsi con violenza sul suo corpo troppo bello e dolente, senza pietà alcuna e nessuna comprensione. Un capolavoro rotto e atterrato che tuttavia si rialza e torna ad affermarsi e a lottare, per ribadire la sua infranta ma innegabile grandezza, curandosi con abnegazione e fatiche, proseguendo quindi traballante ma sempre più forte ed eroico nel corso di una storia (critica) che avrebbe voluto annichilirlo, rimuoverlo, trasformarlo in una parodia di se stesso per alimentare le risa sguaiate e volgari delle «faccine» sotto i post di Facebook che si riferivano a quest’opera indipendente, sviluppata in cinque anni dal messinese Naps Team, composto da due persone e un musicista.

È vero, Baldo è uscito afflitto da innumerevoli «bug» più o meno gravi, come tante altre opere invece milionarie e frutto del super-lavoro di centinaia di persone, ma sono bastate due settimane perché la maggior parte fossero risolti e spiace molto che in tante «recensioni» della prima o seconda ora si legga soprattutto di questi errori ormai estinti o di lacune strutturali spesso fondate sul fraintendimento di ciò che il videogame in questione ha voluto essere e significare. Ma il tempo, sono convinto dimostrerà il valore di Baldo, trasformandolo vieppiù nell’oggetto di culto che merita di essere, diradando le nebbie della superficialità con cui è stato accolto e affossato subito dopo il suo lancio.

Baldo The Guardian owls, uscito per ogni piattaforma esistente da Switch a Playstation 5 (cosa stupefacente), è un videogame che si dichiara da subito «antico», riconducendoci all’era delle prime avventure numeriche, dagli Zelda delle origini ad Alundra, opere che non ti prendevano per mano da un obiettivo all’altro, lasciando che fosse chi gioca a leggere ed interpretare il loro mondo ricavando nel momento del successo un senso di appagamento e realizzazione, oltre che a percepire in tutta la sua forza il mistero, e il dolore, di un’impresa favolosa seppure virtuale.

In Baldo i combattimenti sono ostici ma superabili più con l’intuito che con chissà quale abilità digitale, gli enigmi sono complessi e geniali nell’ideazione ma tutti risolvibili con acume e osservazione, non c’è nessun «tutorial» ma la spinta ad una curiosità creativa, il mondo è vastissimo e non immediato da esplorare se non ci ferma a riflettere su ciò che suggerisce il panorama ipotizzando sulla prossima via da intraprendere. Questi di sopra sono tra i maggiori pregi di Baldo, i suoi pilastri, per tanti magari i suoi difetti perché (sia chiaro) non si tratta di un opera per tutti perché è indirizzata ad un pubblico preciso, ma è sbagliato vituperarli o equivocarli come errori di design.

Baldo realizza con compiutezza ciò che si è proposto di fare fin da quando è stato solo sognato. Baldo è quello che è e ha voluto essere, non la proiezione dei desideri di tutto il pubblico; così lo potrete amare o odiare, ma non vi inganna, è sincero già dai primi minuti.

Il mondo «cartoonistico» di Baldo è di una bellezza mai meccanica, nel suo disegno che rimanda agli «anime» di Hayao Miyazaki più fantasticheggianti, Mononoke e Chichiro soprattutto; ci sono ambientazioni vive che si ibridano l’una con l’altra non risultando così come biomi separati: rare tracce di neve che annunciano la prossima presenza di un alto monte ghiacciato, alberi sempre più fitti in una piana campagna che ci indicano la direzione di una foresta, ruderi dapprima sparsi che conducono a grandi e ancestrali rovine.

Esplorare in Baldo è pericolo, emozione della scoperta, soddisfazione, ascolto, anche quando la raffinata e suggestiva colonna sonora composta da Gianluca Cucchiara si tace, lasciando il panorama sonoro agli avvolgenti suoni della natura.

Storia di un biondo ragazzo buono alle prese con eventi magici e catastrofici, Baldo ci intrattiene tra difficoltà e desiderio per oltre cinquanta ore fino ad un imprevedibile e bislacco finale, andando al di là dei momenti effettivi di gioco, inducendoci a pensare ai suoi segreti anche quando non lo viviamo, trasformando elucubrazioni e ragionamenti in un’appendice ludica allungata nel quotidiano. Giocare a Baldo è giocare sempre, anche se si accende la console solo un’ora al giorno, un gioco di ruolo con se stessi e con la comunità internazionale di appassionati che si sta aiutando a vicenda con consigli e suggerimenti.

Spade, magie, mostri, divine creature ostili o meravigliose, streghe, gatti parlanti, principesse, pastori, piccoli villaggi, popolose città, paludi, selve, deserti e ghiacci; Baldo ci porta lontano, con magia, risultando un videogame prezioso, il frutto encomiabile dell’amore e della fatica di Domenico Barba e Fabio Capone, due abili e più che dediti artefici del sogno elettronico.