Nei grandi e piccoli municipi veneti, alla vigilia delle Comunali, si distilla la «balcanizzazione» della politica.

Se a Padova hanno inventato la «santa alleanza» (dagli ex An fino a Mdp) contro la Lega di Massimo Bitonci, a Verona l’ex leghista Flavio Tosi accarezza l’idea della «staffetta sindacale» con la fidanzata Patrizia Bisinella. E all’ombra delle Dolomiti, Jacopo Massaro (classe 1974) conta di amministrare Belluno altri cinque anni, di nuovo a dispetto del Pd.

È LA MOLTIPLICAZIONE del personalismo a bassa intensità, non solo nelle liste degli aspiranti consiglieri comunali. A Nord Est scarseggiano i leader capaci di impastare l’interesse pubblico nel guano delle Grandi Opere o nello sterco dei soliti noti specializzati nel cannibalismo sussidiario. Tant’è che in Friuli rispunta Riccardo Illy e in Trentino rimpiangono Lorenzo Dellai, non solo inventore della Margherita.

A Verona, insieme alla signora Tosi prova ad affacciarsi al balcone elettorale anche Orietta Salemi: 56 anni, nata a Tripoli, professoressa di greco e latino, consigliere regionale sopravvissuta al tonfo di Ale Moretti, vincitrice delle Primarie Pd. Sgomiteranno per il ballottaggio con Federico Sboarina, 46 anni, avvocato, ex assessore allo sport ed ex An, presidente dell’associazione Battiti per Verona: imparentato con «Re Lele», il sindaco doroteo degli anni ’80, è stato nominato da Arcore in nome dell’unità del centrodestra.

Sulla scheda, tuttavia, le alternative non mancano. A cominciare da Michele Bertucco che ci riprova alla testa dell’altra Verona possibile. Già presidente di Legambiente, era il capogruppo Pd finché con il «No» del referendum è diventato un punto di riferimento: «La nostra proposta è tesa sia a unire il centrosinistra che a superarne i confini tradizionali, in un progetto in grado di colmare il divario che continua a separare Verona dall’essere una moderna città europea». È la stessa vocazione di Arturo Lorenzoni con gli arancioni di Coalizione Civica a Padova.

VERONA – NON SOLO con il tramonto di Tosi – è costretta ad aggiornare identità, progetti, ambizioni. Con quasi 260 mila residenti censiti, conta più del 14% di stranieri (provenienti per lo più da Romania, Sri Lanka e Moldavia) e 85.978 imprese attive, di cui ben 54,3% individuali. Un “sistema” che esporta agroalimentare, marmo pregiato, abbigliamento e termomeccanica. E sconta tanto la miopia della «finanza bianca», quanto l’eterno elastico fra Lombardia, Emilia e Nord Europa. Deve già fare i conti con gli assetti di Banco Popolare, la gestione della Fondazione Arena e il futuro della logistica nel Consorzio Zai. E non potrà rimuovere all’infinito le “infiltrazioni” della criminalità o la “cartolarizzazione” di un territorio invaso dai cantieri.

In montagna, domenica sono in sette a rincorrere la fascia tricolore. Lega per conto suo; M5S che si pesa; Elder Rambaldi per il Partito comunista dei lavoratori. In realtà, a Belluno la sfida nella sfida è fra il Pd ortodosso che candida Paolo Bello e le tre liste della coalizione di Massaro. Una “guerra” cominciata nel 2012 con il giovane che invoca le Primarie e il partito che le nega, scegliendo a scatola chiusa Claudia Bettiol. Così Massaro si presenta con «In Movimento» e due civiche, raccoglie quasi 4.500 preferenze pari al 24% ed elimina al primo turno il sindaco uscente Antonio Prade (Pdl) e il suo vice leghista Leonardo Colle. Al ballottaggio completa l’opera, trionfando con il 63% dei voti proprio su Bettiol. Adesso conta di replicare, sempre contro il Pd.

NIENTE URNE, INVECE, a Cencenighe (1.311 anime): alla prefettura di Belluno non è arrivata nessuna candidatura. Non si vota, come a San Luca (Comune calabrese sciolto per mafia nel 2013), Penna San Giovanni nelle Marche e nel micro-municipio di 97 residenti a Elva (Cuneo).

Elezioni “speciali” a Cortina d’Ampezzo (5.907 abitanti) come ad Abano, quasi 20 mila residenti nelle Terme padovane. Gli ultimi sindaci hanno avuto “problemi” con la giustizia: Andrea Franceschi è stato condannato in primo grado a 3 anni e 6 mesi per turbativa d’asta nell’appalto della raccolta rifiuti; Luca Claudio è addirittura detenuto dopo aver patteggiato 4 anni una volta affiorato il sistema di tangenti personalizzate.

Infine, Venezia che deve ancora riprendersi dal “doge fuxia” Luigi Brugnaro. Almeno due test chiave per il centrosinistra: Jesolo e Mira, anomalie a specchio intorno alla laguna.

NELLA RIMINI DEL NORD EST, punta alla conferma Valerio Zoggia, 67 anni, già vicesindaco del leghista Francesco Calzavara. È lo zio di Davide (braccio destro di Bersani) e amministra Jesolo con il “governissimo ante litteram”. Al plebiscito si oppongono da destra (il leghista Alberto Carli e Christofer De Zotti) e da sinistra Rodolfo Murador, che tanto assomiglia a Cacciari. Più la debuttante Sara Coletto di M5S.

A Mira, cinque anni fa crollò il monopolio Pci-Pds-Ds-Pd. Alvise Maniero a 26 anni era il primo sindaco “grillino” del Veneziano, ma ha preferito passare la mano a Elisa Benato. Il Pd con Marco Dori sogna la rivincita messa in dubbio dalla lista dell’ex sindaco Ds Roberto Marcato. E da Lavinia Vivian, 27 anni, fresca di laurea, che con “Mira in Comune” rappresenta ambientalisti, gruppi di base, anime della solidarietà: «Siamo contro la cementificazione, per la tutela dei più deboli, la salute di tutti e il rispetto del patrimonio ambientale». È la vera sinistra da cui non si può prescindere.