Se molte famiglie non possono iscrivere i propri figli in una scuola cattolica, la colpa è della «latitanza dello Stato»: non le finanzia come dovrebbe, le rette sono troppo alte, e le famiglie, soprattutto in tempi di crisi, devono rinunciare e accontentarsi di una scuola statale.

Nella prolusione con cui ieri ha aperto i lavori dell’Assemblea generale dei vescovi, in corso a Roma fino a venerdì, il presidente della Cei, cardinal Bagnasco, è tornato con forza sul tema della scuola cattolica – lo aveva fatto già due settimane fa, rivendicando ulteriori stanziamenti e attaccando il referendum bolognese di domenica prossima contro i finanziamenti comunali alle scuole dell’infanzia paritarie – e ha chiesto ancora una volta che lo Stato aumenti le risorse economiche a favore degli istituti confessionali.

«Chiediamo che si riconosca concretamente il diritto dei genitori ad educare i figli secondo le proprie convinzioni», ovvero a mandarli in una scuola cattolica. «Sempre di più, invece – lamenta Bagnasco –, sono costretti a rinunciare sotto la pressione della crisi e la persistente latitanza dello Stato». Stavolta però la Chiesa italiana e le federazioni delle scuole cattoliche non si limiteranno alle dichiarazioni ma, ha lasciato intendere il presidente dei vescovi, scenderanno in piazza: nei prossimi mesi ci sarà «un raduno di popolo», cioè una grande manifestazione per chiedere maggiori finanziamenti per la scuola confessionale oppure, in alternativa, l’introduzione del «buono scuola», come ha fatto per anni la Regione Lombardia governata dal ciellino Formigoni.

Da Bagnasco è arrivata anche la benedizione – sebbene meno solenne del previsto – al governo delle larghe intese Letta-Alfano, con la precisazione che ai vescovi «sta a cuore non una formula specifica, ma i principi». Occorre superare «il clima di ostinata contrapposizione» e mettersi al lavoro. «Pensare alla gente: questa è l’unica cosa seria», aggiunge. «Pensarci con grandissimo senso di responsabilità, senza populismi inconcludenti e dannosi», senza «perdere l’opportunità, né disperdere il duro cammino fatto dagli italiani. L’ora è talmente urgente che qualunque intoppo o impuntatura, da qualunque parte provenga, resteranno scritti nella storia». Il lavoro – per i giovani che non lo hanno e per gli adulti che lo hanno perso – è la prima delle emergenze a cui la politica deve far fronte. E poi il consueto elenco dei «principi non negoziabili»: la tutela della vita dal concepimento alla morte – Bagnasco ribadisce il sostegno della Cei all’iniziativa dei movimenti per la vita perché l’Europa riconosca lo «Statuto dell’embrione» – e la famiglia tradizionale formata da un uomo e una donna. «Demolirla è un crimine», puntualizza il cardinale, «non può essere umiliata e indebolita da rappresentazioni similari che in modo felpato costituiscono un vulnus progressivo alla sua specifica identità e che non sono necessarie per tutelare diritti individuali in larga misura già garantiti dall’ordinamento».