Quella del cardinale Angelo Bagnasco ieri a Gaza è stata una visita che supera il gesto simbolico verso una terra martoriata e l’impegno, affermato dal Vaticano, a favore delle vittime della guerra. Perchè Gaza in questi giorni è tornata sotto un assedio pieno, con Israele ed Egitto che tengono chiusi i valichi di frontiera in faccia ai palestinesi. E perchè giunge in un momento in cui lo scontro tra israeliani e palestinesi si sta facendo ancora più duro e il governo Netanyahu stringe la morsa per spegnere le proteste palestinesi a Gerusalemme prima che l’incendio si propaghi al resto dei Territori occupati. L’esecutivo Netanyahu ha approvato un emendamento al codice penale che prevede fino a 20 anni di reclusione per i palestinesi che lanceranno sassi in segno di protesta contro civili e militari israeliani.

E’ una misura punitiva, ampiamente sproporzionata rispetto al “reato” e che rappresenta una reazione alle proteste palestinesi in corso da giorni e che domenica hanno visto anche una italiana nell’elenco dei feriti degli scontri. Si tratta di una 28enne, Giulia, volontaria dell’International Solidarity Movement (Ism), ferita al volto (pochi centimetri sopra l’occhio sinistro) e alla gamba da proiettili di gomma sparati dai soldati israeliani durante scontri al posto di blocco di Qalandiya. La volontaria, che ha preferito non rivelare la sua piena identità, è stata curata all’ospedale di Ramallah dove i medici hanno dovuto suturare la ferita con 6-7 punti. «Ero con altri attivisti sul lato della strada – ha raccontato Giulia – mentre fotografavo l’esercito che sparava gas lacrimogeni ai manifestanti, quando ho sentito un colpo alla gamba e uno alla testa: a quel punto tutto quello che riuscivo a vedere era sangue». La volontaria, che ha preferito non rivelare la sua piena identità, è stata curata all’ospedale di Ramallah dove i medici hanno dovuto suturare la ferita con 6-7 punti.

«Vedo una terra sofferente, ma con tanta voglia di vivere…Siamo qui per ribadire solidarietà e ricordare che tutti hanno diritto a vivere in pace», ha detto il cardinale Bagnasco giunto a Gaza con il segretario della Cei mons. Nunzio Galantino, e i tre vice-presidenti della Conferenza episcopale: il cardinale arcivescovo di Perugia Angelo Bassetti, l’arcivescovo di Torino Cesare Nosiglia e il vescovo di Aversa Angelo Spinillo. La delegazione ha fatto visita alla scuola del Patriarcato latino. Si tratta una delle tre scuole cattoliche di Gaza che hanno subito danni nell’offensiva militare israeliana della scorsa estate (“Margine Protettivo”), già riparati grazie a donazioni per 150 mila dollari, per permettere ai ragazzi iscritti di tornare subito sui banchi. Bagasco è poi andato all’ospedale giordano, ha incontrato il vescovo Alexios della comunità greco-ortodossa e ha officiato una messa nella parrocchia della Sacra Famiglia. «Essere qui per la Chiesa italiana significa assumersi degli impegni che non sono solo di preghiera ma anche di vicinanza e di solidarietà concreta e immediata», ha aggiunto da parte sua il segretario della Cei mons. Galantino. Stamattina la delegazione della Cei si recherà a Sderot, la città israeliana verso la quale le fazioni armate palestinesi hanno indirizzato una parte consistente dei razzi sparati da Gaza la scorsa estate.

Gli Stati Uniti intanto hanno di nuovo condannato l’espansione degli insediamenti colonici nella zona araba di Gerusalemme, dopo l’annuncio che la Commissione edilizia del ministero dell’interno israeliano ha approvato il piano per 500 nuove abitazioni a Ramat Shlomo. A fine ottobre Netanyahu aveva dato il via libera a un piano complessivo di 1.060 case da costruire nelle colonie di tra Ramat Shlomo e Har Homa. Washington manifesta insofferenza verso la politica di Netanyahu e critiche al premier arrivano anche dai vertici militari e dei servizi segreti. Ieri si è appreso che 106 tra generali, ex direttori del Mossad e funzionari di polizia, tutti in pensione, hanno sottoscritto una lettera in cui chiedono a Netanyahu di cominciare ”un’iniziativa diplomatica” per un accordo con i palestinesi. Secondo la lettera – citata da Canale 2 della tv – Israele ha forza e mezzi per raggiungere un accordo con la soluzione a due Stati senza rischi per la sicurezza. Intesa finora non raggiunta, sottolineano, a causa della debole leadership.