La battaglia per Mosul, lenta e farraginosa, prosegue portandosi dietro gli strascichi degli screzi tra il governo centrale iracheno e quello regionale del Kurdistan.

A riaccendere le polemiche tra Baghdad e Erbil è stata la dichiarazione della scorsa settimana del premier iracheno al-Abadi che ha definito la partecipazione dei peshmerga alla liberazione di Mosul «irrealistica».

A stretto giro è giunta la reazione: i combattenti kurdi controllano le principali vie di accesso alla città occupata dallo Stato Islamico – ha detto l’ex ministro dei Peshmerga, Jaafar Mustafa – per cui parteciperanno alle operazioni.

Sul futuro di Mosul e della provincia di Nineveh, è tutto rinviato al prossimo futuro quando – dice Erbil – si dovrà trovare un accordo politico sulla sua amministrazione. Il Kurdistan iracheno non intende perdere quanto conquistato sul campo in questi due anni, a partire da Kirkuk, città contesa perché ricchissima di greggio, ma anche ampie zone di Nineveh, Sinjar su tutte.

Baghdad non condivide e prova a ballare da sola: ieri l’esercito iracheno ha liberato dall’occupazione dello Stato Islamico la città di Qayara, strategica perché 70 chilometri a sud di Mosul. La controffensiva era stata lanciata una settimana fa, ma è partita oltre un mese dopo la ripresa della base aerea della città. A dimostrazione, insiste Erbil, che le truppe irachene da sole sono inefficienti.

Sul piano energetico, intanto, il governo centrale tenta di forzare la mano kurda costringendola ad un accordo per la vendita di greggio. Dal 2014 il Kurdistan iracheno estrae e gestisce in autonomia il petrolio nel proprio territorio (e a Kirkuk) bypassando Baghdad e impedendogli di alzare la quota di export.

Da una settimana il governo centrale ha ripreso ad esportare dai pozzi di Kirkuk, facendo pensare ad un accordo informale tra i due che potrebbe tramutarsi in uno ufficiale. In cambio Erbil riavrebbe indietro la sua porzione di budget statale.