L’ex presidente del Cile, Michelle Bachelet, sarà candidata alle prossime elezioni che si svolgeranno il prossimo 17 novembre.

Lo ha annunciato con una prima conferenza stampa a El Bosque, quartiere popolare a sud della capitale Santiago, dove ha trascorso una parte dell’infanzia: «Sono pronta a raccogliere la sfida – ha detto Bachelet – e a interpretare il malessere dei cittadini stanchi degli abusi di potere».

«Il Cile – ha affermato – è uno dei paesi con maggior disuguaglianza al mondo, e questo è insostenibile e inaccettabile». Poi, ha assicurato che intende portare a termine «le riforme promesse e non concluse» durante il suo governo, tra il 2006 e il 2010.
Studenti in piazza
Una risposta alla cinquantina di giovani che hanno accolto la ex direttrice di Onu Mujer all’aeroporto: per ricordarle le promesse mancate alla «rivoluzione pinguina» del 2006, portata avanti dagli studenti delle scuole secondarie. Quegli stessi che, nelle generali proteste studentesche che hanno attraversato il paese nel 2011, hanno portato la popolarità dell’attuale capo di stato, Sebastian Pinera, ai minimi storici. E che l’altroieri hanno ripreso a manifestare contro storture, disuguaglianze e repressione.

Per quella che è stata la prima giornata di manifestazioni studentesche dell’anno, a cui hanno partecipato 4.000 persone, i carabineros hanno arrestato 60 ragazzi, coinvolti negli scontri tra Avenida España, la Alameda e l’Università di Santiago.
La questione mapuche
«Se parlerà del popolo mapuche – ha gridato un giovane alla ex presidente – si ricordi di Patricia Troncoso, che ha fatto lo sciopero della fame, e della repressione alle comunità durante il suo governo. Si ricordi delle termoelettriche che ha approvato. E non si faccia vedere dalle parti di Alto Maipo, perché non è gradita». Le richieste dei mapuche, sempre respinte con manganelli e leggi speciali, sono ancora sul tavolo e Bachelet non potrà evitare di affrontarle in campagna elettorale.
Così come dovrà prendere impegni con i movimenti studenteschi e sindacali, che chiedono risposte concrete. Tra i progetti incompiuti, l’agenda in tredici punti, stabilita nel dialogo bilaterale, iniziato tra Cile e Bolivia nel 2006: per risolvere lo storico conflitto dello sbocco al mare per La Paz, perso con la Guerra del Pacifico e il trattato del 1904. Un tema che i movimenti cileni hanno posto con forza, accogliendo con calore il presidente boliviano Evo Morales, durante il Vertice dei popoli, che si è svolto a Santiago a fine gennaio, nell’ambito della Celac.
Bachelet ha comunque portato a termine l’incarico – la Costituzione vieta l’esercizio di due mandati consecutivi – con un alto tasso di gradimento. E ora le previsioni indicano che la rappresentante di centrosinistra per la Concertación è la candidata con le maggiori possibilità di vincere sull’avversario di centrodestra, Laurence Golborne, un imprenditore sostenuto da Piñera.

Da un sondaggio di pochi mesi fa, il 53% dei cileni è favorevole al ritorno alla presidenza di Michelle Bachelet, 61 anni, medico di formazione, prima donna ad aver governato il paese. L’ex presidenta dovrà affrontare tre candidati di centrosinistra nelle primarie del 30 giugno, dove è favorita, e per questo ha annunciato che inizierà la campagna elettorale da lunedì prossimo.
Pericolo astensionismo
]In un sistema politico bloccato, ancora dipendente dalla costituzione varata ai tempi del dittatore Augusto Pinochet, il candidato principale rischia però di essere nuovamente l’astensionismo.
Infatti, dopo le ripetute manifestazioni di massa, che hanno unito studenti e lavoratori contro la morsa delle politiche neoliberiste della destra, il Cile di oggi non è più quello del 2010. Il paese è cresciuto in termini di Prodotto interno lordo, ma a goderne sono pochi e sempre gli stessi, e i giovani non ci stanno più. Bachelet stavolta dovrà tenerne conto.