Nessuna memoria difensiva, per ora, da parte del senatore Ncd e presidente della commissione Bilancio Antonio Azzollini. A sorpresa si è presentato a mani semivuote di fronte alla Giunta per le autorizzazioni di palazzo Madama, che discute la richiesta di arresto a suo carico. Il senatore ha presentato solo una lettera, che dovrebbe spiegare perché il pm Antonio Savasta aveva «buone ragioni» per accusarlo senza motivo. Quindi, a voce, ha denunciato quel fumus persecutionis che è il solo argomento in base al quale la Giunta potrebbe negare l’autorizzazione. Ma, replicando alla richiesta dell’M5S di dettagliare la natura di detto fumus, Azzollini si è tenuto sul vaghissimo. La memoria, assicura, arriverà nei prossimi giorni, corredata da ricorso presso il Tribunale del riesame: la carta su cui i senatori dell’Ncd avevano deciso di puntare nel corso del vertice con Alfano di due giorni fa.

I commenti dei diversi commissari, a riunione terminata, non si scostano quasi mai dal copione prevedibile. Vedono una coltre di fumus tutti gli ex membri del defunto Pdl (Fi e Ncd) e il socialista Buemi. Giovanardi, compagno di partito del quasi arrestato, ci trova pure «l’arrosto». Sono invece già favorevoli ad accogliere la richiesta gli altri. In realtà la sola incognita era, e ancora è, il Pd. Non sul verdetto: alla fine si schiereranno tutti per il voto contro Azzollini, anche se l’unico ad anticiparlo è Felice Casson. Il punto interrogativo è sui tempi. La richiesta che Alfano ha fatto a Renzi è doppia: allungare i tempi e garantire, in cambio della testa del pugliese, la salvezza del siciliano, cioè di Giuseppe Castiglione, uomo ombra del ministro degli Interni in Sicilia, coinvolto nello scandalo degli appalti per il Cara di Mineo. Su questa base, Alfano è per ora riuscito a convincere l’intero drappello dei suoi senatori a restare fedeli al governo, nonostante i dubbi a valanga dei non governisti a tutti i costi, come Quagliariello e Schifani.

La salvezza di Castiglione, che per Alfano è di gran lunga ciò che più conta, al momento è garantita. Non è un prezzo piccolo che Renzi accetta di pagare in termini di immagine. L’allungamento dei tempi per Azzollini è invece meno certo. E’ vero che ieri la commissaria dem Stefania Pezzopane dissertava sulla «necessità di un approfondimento», ma è anche vero che il presidente della Giunta Dario Stefàno ritiene di poter arrivare al voto, salvo intervento del Tribunale del riesame che bloccherebbe tutto, già martedì prossimo. Sull’esito del voto ci sono pochi dubbi. La decisione di Renzi è già presa: il Pd voterà, salvo improbabili ripensamenti in extremis, a favore della detenzione. Le finte indecisioni di questi giorni servono solo a impedire che l’Ncd possa accusare gli alleati di «decisione pregiudiziale», come avevano fatto dopo che il presidente del Pd Orfini, con improvvida dichiarazione, aveva annunciato immediatamente dopo la richiesta di arresto il «sì». I compagni di partito di Azzollini non andranno oltre la protesta verbale e si accontenteranno di salvare, per ora, la testa di Castiglione.

Ma la vicenda non sarà indolore. La salvezza di Castiglione, più che sufficiente per Alfano, lascerà invece l’amaro in bocca a una parte sostanziosa dei suoi parlamentari, che di fiele già ne masticano da mattina a sera. Lo stesso Renzi è stato costretto a trattare e continuerà a doverlo fare, anche a costo di salvare un insalvabile come Castiglione. Sognando di tornare a essere quel «Renzi 1» che non c’è più.