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Ayotzinapa, il ruolo dello Stato nella strage del 2014

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Messico Gruppo interdisciplinare di Esperti Indipendenti svela il coinvolgimento dell'esercito nella vicenda che ha fatto sei morti, decine di feriti e 43 desaparecidos. E spunta un video inedito

Pubblicato più di 2 anni faEdizione del 31 marzo 2022

«È stato lo Stato»: i famigliari dei 43 studenti della Scuola Normale Rurale di Ayotzinapa lo dicono dal 2014, da quando la notte tra il 26 e 27 settembre un operativo congiunto di forze di polizia e gruppi del crimine organizzato attaccarono alcuni pullman occupati dagli studenti per andare a Città del Messico. Sei morti, decine di feriti e 43 desaparecidos. I famigliari da sempre hanno denunciato le responsabilità dell’esercito, nello specifico del 27esimo battaglione di fanteria, postazione militare troppo vicina ai luoghi dove si sono svolti i fatti per esserne esclusa. Il 7 novembre del 2014 il procuratore Generale della Repubblica Jesús Murillo Karam presentò la «verità storica» secondo cui i giovani furono consegnati, dopo l’arresto, a membri dei Guerreros Unidos, uccisi e bruciati nella discarica di Cocula.

UNA VERITÀ smentita da diverse indagini indipendenti, una presunta verità buona per assolvere lo stato, i suoi vertici, e alimentare il mito del paese fallito nelle mani dei gruppi del crimine organizzato. Ma a quasi 8 anni da quei fatti il Gruppo interdisciplinare di Esperti Indipendenti ha reso pubblico il suo terzo dossier sulle indagini, che svela il ruolo dell’esercito nella vicenda.

L’informativa denuncia che alcuni membri dell’esercito erano infiltrati da tempo tra gli studenti della Normale Rurale. I due agenti, ha dichiarato Claudia Paz y Paz del Giei, hanno ricevuto l’ordine, due giorni prima del 26 settembre, di seguire i giovani. Gli infiltrati si trovavano su uno degli autobus che fu attaccato e da lì hanno dato informazioni, minuto per minuto, su cosa stesse accadendo. Durante la conferenza stampa con cui sono state presentate le novità sulle indagini è stato anche mostrato, per la prima volta, un video girato il 27 ottobre 2014 nella discarica di Cocula, nel pieno delle indagini. Le immagini mostrano una dozzina di persone appartenenti alla marina militare, alla procura, e al ministero della Difesa in azione nella discarica diverse ore prima dell’arrivo degli inquirenti guidati da Murillo Karam e dal capo dell’Agenzia di investigazione criminale Tomás Zerón. Questo gruppo di persone sposta materiale e genera un incendio che durerà una decina di minuti, come si evince dalle immagini registrate da un drone militare. Il 27 ottobre 2014 gli inquirenti dichiareranno, per la prima volta, di aver novità sui 43.

LE FORZE MILITARI in questi anni hanno quindi taciuto sulle informazioni in loro possesso e sono state parte attiva nell’inquinamento delle indagini. 22 persone in possesso di informazioni utili sono morte, solo due per morte naturale, tanto che il Giei evidenzia come anche «il ruolo della criminalità organizzata non può essere ignorato». Qual è stato il legame tra questi gruppi e le varie istituzioni coinvolte? La docente della George Mason University Guadalupe Correa dice «stiamo parlando certamente di un crimine di stato. Mi chiedo: è colpa dello Stato, in quanto stato criminale, o del governo di Peña Nieto?». Per Manuel Vázquez Arellano, uno dei testimoni di quella maledetta notte, ora deputato, questa «è la dimostrazione del coinvolgimento dello Stato. Soprattutto delle forze castrensi». E aggiunge: «Il Giei ha riconosciuto il ruolo di Lopez Obrador nell’ottenere dall’esercito queste informazioni». I famigliari dei 43 sono arrabbiati: «Tre anni dopo l’inizio di questo governo non abbiamo informazioni su quanto è accaduto ai nostri figli, ma riconosciamo gli avanzamenti nelle ricerche per la verità e la giustizia».

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