Alcuni anni fa, «Kinema Junpo», la prestigiosa rivista di cinema pubblicata in Giappone da più di un secolo, pubblicò una classifica con i migliori attori e le migliori attrici dell’arcipelago, dall’inizio della settima arte fino ai giorni nostri. Una giuria di professionisti del settore mise, senza sorprese, al primo posto nella categoria maschile Toshiro Mifune, mentre in quella femminile con il maggior numero di preferenze si classificò anche qui senza sorprese, l’amatissima Hideko Takamine, seguita al secondo posto da Ayako Wakao, che rimane ancora oggi, dopo essersi ritirata dalle scene da circa quindici anni, una delle attrici più amate dal pubblico giapponese. Capace di imporre il suo talento e il suo fascino a un pubblico di molte generazioni e di diversa provenienza, dallo spettatore più casuale al cinefilo incallito, Wakao ha saputo evolvere nella sua carriera di attrice, specialmente nei due decenni che la videro tra le protagoniste assolute del cinema nipponico, gli anni cinquanta e sessanta del secolo scorso, da attrice giovanissima acqua e sapone a protagonista di drammi psicologici a sfondo politico e sociale.

NELL’ULTIMO decennio la casa di produzione Kadokawa ha organizzato i Wakao Ayako Film Festival, retrospettive dedicate all’attrice in giro per l’arcipelago, l’ultima di queste è partita all’inizio di quest’anno ed è tutt’ora in corso anche se a singhiozzo, con chiusure e posticipi dovute alla pandemia. Queste retrospettive ma anche la disponibilità di molti titoli della Kadokawa che detiene i diritti della Daiei, defunta nel 1971, che lanciò la giovane Wakao negli anni ’50, mantengono vivo l’interesse verso un’attrice che fin da giovanissima e dal suo debutto a diciannove anni possedeva l’aura della star. Sorriso solare, fascino che si trasmette quasi con naturalezza attraverso le immagini, una presenza che riesce ancora oggi a catturare l’attenzione del pubblico, anche quando divide il grande schermo con altre leggende del cinema come Machiko Kyo, con cui spesso ha duettato nei film della Daiei.

Qui – appunto – è iniziata la carriera di Wakao, i suoi primi ruoli importanti sono in Judai no seiten, una serie di film leggeri ambientati all’interno della scuola fra i primi risvegli sessuali e i piccoli-grandi drammi dell’adolescenza. La sua collaborazione con Kenji Mizoguchi, in due film dove non è comunque la protagonista, la consacra definitivamente come stella del cinema giapponese a venire: La musica di Gion (1953) e soprattutto La strada della vergogna, ultimo film del regista uscito nel 1956 in cui interpreta la più giovane di un gruppo di prostitute che cercano di sopravvivere nel Giappone post-bellico.
Dello stesso anno è Nihonbashi che segna l’inizio della sua collaborazione con Kon Ichikawa, insieme al quale lavorerà sia in film in costume – come il citato Nihonbashi o La rivincita di Yuki-no-jo (1963) – che nelle commedie quasi surreali come Sayonara, kyo wa (1959).

PROPRIO il lato leggero e comico di Ayako Wakao è spesso misconosciuto quando si parla delle sue prove attoriali, molto più note specialmente fuori dall’arcipelago, le sue prestazioni nei film diretti da Yasuzo Masumura, quelli più drammatici almeno. In realtà fra la fine degli anni cinquanta e gli inizi dei sessanta, Wakao è la regina della commedia leggera e ammiccante, Tokyo onigiri musume, Konki, o Yaccha-ba no onna, sono film di intrattenimento che esprimono anche l’euforia delle nuove generazioni e i loro tentativi di ricostruirsi un futuro dopo la rovina causata dai padri.
Se è vero che nel corso della sua carriera Wakao ha lavorato con mostri sacri del cinema giapponese come i già citati Ichikawa, Mizoguchi ma anche Yasujiro Ozu in Erbe Fluttuanti (1959), due sono i registi che più di altri hanno contribuito al suo successo, Yuzo Kawashima e Yasuzo Masumura. La collaborazione con Masumura, 20 film in meno di due decenni, è ormai parte della storia del cinema, inizia nel 1957 con Aozora musume, dove Wakao è ancora una innocente ragazzina alla scoperta del mondo. Un film fondamentale, sempre diretto dal regista che studiò al centro sperimentale di Roma nei primi anni ’50 e che segna il passaggio a un altro livello per l’attrice, è Tsuma wa kokuhaku suru (1961). In questo dramma giudiziario che tratta problemi morali ancora oggi molto pressanti come la propria sopravvivenza a discapito di quella altrui, specie se il soggetto in questione è una donna soffocata dai doveri verso il marito che la società le impone, Wakao trova forse il ruolo più alto della sua carriera. Gli orrori della guerra e la società patriarcale a cui la donna cerca di ribellarsi imponendo la propria indipendenza sono invece al centro di Seisaku no tsuma (1965) e Nuda per un pugno di eroi/Red Angel (1966) sempre con Masumura dietro la macchina da presa, giustamente fra i più apprezzati e celebrati della loro collaborazione.

TRA I FILM diretti da Yuzo Kawashima, scomparso nel 1963 e la cui opera è in corso di rivalutazione, due sono i film che emergono, Shitoyakana kedamono (1962), caustica commedia in cui tutta l’azione si svolge in un appartamento, e Onna wa nido umareru (1961), uno dei capolavori di Kawashima; lo sguardo del regista seguela quotidianità di una geisha, Wakao, mettendone in luce l’estrema solitudine che con il passare dei minuti diventa quasi esistenziale.
Negli anni Settanta e Ottanta Wakao rallenta molto la sua partecipazione a film per il grande schermo e «ripiega» su lavori per il piccolo schermo, riflettendo in questo una tendenza presente in tutto il cinema giapponese. Nel 1970 partecipa a un film della serie Zatoichi, mentre l’anno successivo auno della serie con protagonista Tora-san; dagli anni ottanta in poi recita solo in due lungometraggi, Taketori monogatari di Ichikawa, e nel 2005 Haru no yuki ad oggi il suo ultimo film. Classe 1933, ormai le sue partecipazioni a eventi sono sempre più sparute, ma quando si presenta al pubblico rimane ancora oggi una presenza abbagliante.