Doveva essere la giornata dell’accordo su Atlantia. Invece sul destino della controllante di Autostrade per l’Italia dominata ancora dai Benetton si addensano nubi nere, nonostante gli auspici di soluzione creduti dalla Borsa di Milano.
In giornata erano in programma i consigli di amministrazione di Cassa depositi e prestiti (Cdp) – per dare il via libera all’offerta vincolante – e di Atlantia – per accettarla.
Invece a metà pomeriggio arrivava una notizia in senso contrario. Come un avvoltoio che fiuta profitti facili, il fondo britannico Tci guidato da Chris Hohn ha rastrellato titoli di Atlantia e ha portato la sua quota oltre la soglia rilevante del 10%, rispetto al 6% circa detenuto sinora.
L’operazione finanziaria tramite «derivati» è stata fatta per «rafforzare i propri diritti di voto» in assemblea, specie nel caso in cui arrivasse un’offerta non soddisfacente da parte di Cdp.
A poco più di dieci giorni dall’assemblea chiamata ad approvare il procedimento del doppio binario (dual track) per la vendita di Autostrade, Tci fissa a circa 11-12 miliardi il valore per il 100% della società (Aspi) mettendo le mani avanti nei confronti di «operazioni non competitive e non trasparenti, rispetto all’ipotesi alternativa della scissione e della quotazione in Borsa, che è proprio quella che i soci si apprestano a approvare. Insomma, Tci si prepara a dare battaglia a Cdp: accontentateci o noi non facciamo passare l’operazione.
Nel frattanto, il mercato sembrava credere in una veloce soluzione del dossier, in un senso o nell’altro, e premia il titolo Atlantia in Borsa, con un corposo rialzo del 4,62%, anche grazie all’accordo raggiunto nel weekend per la cessione del 49% di Telepass.
In serata invece Atlantia prende atto del ritardo di Cdp e aggiorna il proprio consiglio di amministrazione a oggi.
Le indiscrezioni stimano un’offerta preliminare per rilevare l’88% di Autostrade per l’Italia attraverso un consorzio guidato da Cdp, con i fondi esteri Blackstone e Macquarie. La proposta a cui Cdp sta lavorando da poco meno di una settimana (è di martedì scorso la decisione di Atlantia di dare a Cdp un periodo di esclusiva per una proposta per l’intero pacchetto dell’88,06%), è stata oggetto di una trattativa serrata con il fondo statunitense Blackstone e l’australiano Macquarie, ed è ora sotto la lente del board di Cassa, iniziato nel tardo pomeriggio e ancora in corso. L’esito, stando alle ultime indicazioni, potrebbe essere una proposta preliminare, in cui non è ancora chiaro se verrà inserito il prezzo con cui viene valutata Aspi, ma verrebbe espresso un impegno a sottoscrivere un accordo a giorni. Lo schema che si profila al momento sarebbe un consorzio partecipato al 40% da Cdp e al 30% da ciascuno dei due fondi. In una fase successiva, invece, verrebbe previsto il coinvolgimento di altri investitori italiani, tra cui potrebbe figurare anche F2i.
La proposta che uscirà dal cda di Cassa verrà valutata dal cda di Atlantia, che si era riunito regolarmente alle 18, aggiornandosi a oggi. Proprio il prezzo è uno dei nodi cui si guarda con maggiore attenzione. Atlantia, infatti, nella lettera con cui comunicava a Cdp l’esclusiva, chiedeva esplicitamente un un’offerta vincolante e chiariva che avrebbe valutato l’offerta di Cassa in base a tre elementi: prezzo, criteri di determinazione del prezzo e forchetta di variazione. Alcune ipotesi sul tappeto indicano in 9-10 miliardi il valore, mentre il nodo della manleva (la responsabilità per i rimborsi per il crollo del ponte Morandi) potrebbe essere superato inglobandola nella valutazione del prezzo.
A fiutare invece puzza di bruciato per l’interesse pubblico è il deputato di Leu Stefano Fassina: «Sarebbe strutturalmente inadeguata la soluzione per Aspi descritta da tanti quotidiani in questi ultimi giorni. Limitare Cdp al 40% implica una presenza insufficiente a tutelare l’interesse pubblico».