Si sono «levati dai piedi» e hanno confermato lo sciopero previsto dall’8 al 16 luglio. È guerra aperta tra gli avvocati e la Guardasigilli Annamaria Cancellieri tanto da far saltare ieri pomeriggio l’incontro fissato tra il ministro e tutti i rappresentanti istituzionali (Consiglio nazionale forense, Ordini territoriali, Organismo unitario dell’Avvocatura e Cassa forense)..

«Li vado a incontrare così me li levo dai piedi», si era lasciata sfuggire la ministra in un fuorionda captato dai microfoni di SkyTg24 sabato scorso durante un convegno a Castel Capuano. E poi, non contenta, aveva rincarato la dose con un’intervista a Enrico Mentana attribuendo all’avvocatura campanilismi e «lobby che impediscono al Paese di diventare normale».

«Ci ha umiliati e offesi, non è possibile per il momento proseguire una collaborazione», ha reagito il presidente del Consiglio forense, Guido Alpa. Ma contro la titolare della Giustizia si sono schierate anche le associazioni di categoria – come l’Unione delle Camere penali che pure non ha aderito allo sciopero – soprattutto per l’approvazione a sorpresa delle misure sulla giustizia civile contenute del decreto del Fare. Gli avvocati si aspettavano almeno un confronto prima di procedere a riforme cruciali come il riordino delle circoscrizioni giudiziarie e la reintroduzione della mediazione obbligatoria, giudicata insufficiente per sviluppare una seria cultura della risoluzione delle controversie. Soprattutto dopo che la ministra Cancellieri, lo scorso 27 maggio, aveva «offerto piena collaborazione per risolvere i gravissimi problemi della giustizia», come ricorda l’Unione delle camere civili.

Anche i magistrati dell’Anm giudicano «sbagliato pensare che le critiche degli avvocati all’obbligatorietà della mediazione sia solo espressione di interesse corporativo». E mentre Maurizio Gasparri, vicepresidente del Senato, invita Cancellieri a scusarsi con i 247 mila avvocati italiani, una pattuglia di deputati Pd chiede a Letta di «intervenire per ristabilire il corretto rapporto con la categoria».

Un giudizio, quello di Cancellieri, considerato «ingiusto e paradossale» soprattutto da chi, come l’Ucpi, ha «apprezzato lo sforzo, sebbene insufficiente, di porre finalmente un argine, attraverso la rimodulazione delle misure alternative alla detenzione, al sovraffollamento carcerario».