Katia la mattina si trucca e scherza davanti allo specchio con la sua compagna di cella, nella luce fioca i gesti tra le due donne rivelano una solidarietà di relazioni che sono l’arma più preziosa per non arrendersi. Marco stende sul pavimento nobile del salone di casa, tutto vuoto, i suoi schizzi sull’acqua, cammina ogni giorno lungo i corsi dei canali cercandone la memoria nascosta. Marzia macina chilometri in macchina, insieme alla sua assistente, per dare sostegno e ascolto alle prostitute che affollano la strada, ne raccoglie le parole e i ricordi di un’altra vita con cui cercano di difendersi da questa. Giorgio in un capannone vuoto ordina le fotografie di famiglia, tracce di un’archeologia industriale che sogna un giorno di organizzare in una mostra.

A unire queste figure c’è una geografia urbana frammentaria anch’essa come le loro solitudini; una periferia diffusa che sconfina in un pezzo di campagna senza più alcun idillio bucolico tra uno scalo merci, hotel, autostrade, la tangenziale e una ferrovia.

Milano, zona Rho Fiera, prima e durante l’Expo, dalle sbarre del carcere o sulla terrazza dove ogni giorno si affaccia Rafat insieme al suo cane, l’orizzonte sfuma nei lavori di costruzione del grande evento globale che in sei mesi attirerà milioni di persone.

Magnifiche sorti di Nicolò Bassetti (coautore Enrico Mazza), l’autore di Sacro romano Gra (Quodlibet, 2013) da cui è nato il film di Gianfranco Rosi, Sacro Gra (2013), Leone d’oro alla Mostra di Venezia, non è però un film sull’Expo pure se ne osserva la preparazione restituendoci anche l’interno dei padiglioni, tra annunci, cibi, balletti etnici e folle di visitatori incantati.

Lo dice già il sottotitolo: «Quadri da un’Esposizione universale», il punto di vista infatti è quello del paesaggio, dei luoghi che circondano l’evento e di chi lo vive da vicino pur non essendone parte e resterà lì anche dopo che l’«astronave Expo» sarà partita senza cambiare nulla.

«L’Expo è stato un evento effimero in un ambiente dove ubriacarsi di cose per tornare a casa satolli – racconta Bassetti – A me interessava il controcampo, volevo vedere i residui che sono dentro a ogni grande evento la cui logica è trasformare la città in un teatro di posa: tutto funziona, tutti ne traggono vantaggio, le infrastrutture, gli alberghi, i tassisti, il mercato aumenta i profitti, persino le mafie sono contente. Ma dopo?».

Come già aveva fatto per Sacro Gra, Bassetti ha esplorato a lungo la zona a piedi – «ero insieme a un amico filosofo che lavora sulle identità e i pregiudizi» – cercando personaggi «speciali», la cui condizione, scelte o accidenti della vita restituissero il sentimento di questa città diffusa.

«Abbiamo deciso di concentrarci sulle loro ossessioni che in posti del genere diventano quasi una bolla in cui rifugiarsi. Persino Katia che in prigione sembra protetta dalle amicizie con le altre detenute, quando esce si trova da sola in un’altra periferia dove l’aspetta il figlio che non vede da cinque anni e con il quale è diventato impossibile avere un rapporto».

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Sono i bordi quelli su cui si muove Bassetti, le zone invisibili senza «attrazione turistica» e soprattutto senza una immediata riconoscibilità che, rovesciando ogni regola, lui invece decide di mettere al centro rivelando quanto stride con l’evento e ne disturba lo skyline – case popolari occupate, orti improvvisati, il carcere femminile di Bollate proprio di fronte, le prostitute …

La natura «reale», dunque, gli interstizi, ciò che l’evento non considera o quantomeno tiene fuori, sul bordo appunto, e che affiora nelle architetture, tra i rumori, i gesti, le ostinazioni dei personaggi, illuminando al di là di quel contesto i paradossi contemporanei delle grandi metropoli, le zone che ne esprimono il conflitto.

Magnifiche sorti  è un documentario di invenzione, un viaggio di falsi movimenti e di ripetizioni che ogni volta ci rivelano qualcosa di nuovo.

Come vogliono le regole del racconto «on the road» Bassetti (al suo esordio da regista) non antepone i personaggi al paesaggio, gli uni e gli altri sono partecipi della stessa dimensione, ci raccontano avventure esistenziali affidate spesso al caso (per la coerenza narrativa è prezioso il montaggio di Susanna Scarpa).

Siamo in un mondo parallelo che potrebbe essere ovunque, e seguendo Bassetti in questi luoghi-non luoghi scopriamo infine una sorta di mappa urbana in movimento, un insieme di linee nascoste della città che ne reinventano l’immagine.

Anteprima lunedì, 5 febbraio, a Milano (Triennale, ore 19.30, ingresso libero fino a esaurimento posti). il manifesto sarà il distributore del film in edicola.