Trasformare in «giornale comunista» Famiglia Cristiana e in «potente giornalone» Avvenire sono espedienti che solo un Salvini in difficoltà per aver totalmente cambiato idea sui fondi per l’editoria poteva escogitare. Il primo lo aveva lanciato qualche giorno fa, il secondo lo ha tentato ieri mattina, ma è stato prontamente stoppato dal direttore del giornale della Comunità episcopale italiana Marco Tarquinio.
Il vicepremier leghista ha tirato in ballo il quotidiano della Cei a Radio Anch’io su Radio Uno dicendo: «Avvenire, il giornale dei vescovi, prende 6 milioni di contributi pubblici dai cittadini italiani: penso che una parte di quei soldi possano essere spesi per chi è davvero in difficoltà». La replica ai microfoni del Gr1 del direttore Tarquinio è stata ineccepibile: «C’è qualche politico che ieri come oggi non sopporta che ci sia una libera stampa in questo paese. Un ministro dell’Interno così sollecito nei confronti delle persone in disagio economico potrebbe magari dare il buon esempio cominciando con la restituzione immediata dei 49 milioni di euro» che invece la Lega restituirà in comode rate in 76 anni, quando gran parte dei quotidiani a cui sarà azzerato il fondo del pluralismo in soli 3 anni saranno morti da tempo.
Salvini è riuscito anche a raddoppiare l’entità del contributo attuale del fondo per il pluralismo. «Nel momento in cui si chiedono sacrifici a tutti, penso che 130 milioni di euro (in realtà sono meno di 60, ndr) che i cittadini italiani, che faticano a tirare a fine mese, danno ogni anno a giornali che a volte vendono qualche migliaio di copie» siano troppi.
La verità ormai risaputa è che la Lega – fino a giorni fa strenuo difensore dei giornali locali in primis con il responsabile di partito Alessandro Morelli, ora silente – ha chiuso un accordo politico con il M5s. Lo scambio è chiaro: il Terzo Valico non sarà bloccato ma il fondo per il pluralismo dell’editoria sarà azzerato.
A rivendicarlo come un successo del Movimento – e a favorire la Casaleggio&Associati che ha imposto il suo diktat anche contro ogni piccola modifica come la richiesta di posticipare il taglio al 2020 – è stato l’altro vicepremier Luigi Di Maio. «Taglio fondi all’editoria, fatto», ha detto in un video su Facebook, ricordando «il Vaffa day del 25 aprile 2008: in piazza per chiedere l’indipendenza della stampa, della funzione sociale importante della stampa e dell’editoria, togliendogli i soldi pubblici in modo che una testata non debba dipendere dall’emendamento di governo», è la bizzarra motivazione, visto che il fondo rimarrà e la riforma Lotti rendeva il finanziamento strutturale e trasparente, seppur a sua volta tagliato.
Fra chi perderà tutto il finanziamento già dal primo gennaio – proprio a causa della riforma Lotti che cancella i fondi ai giornali di partito e dei sindacati – è Conquiste del lavoro, quotidiano del sindacato Cisl. Diventata formalmente cooperativa indipendente qualche anno fa, Conquiste del lavoro è fatta di 10 giornalisti più amministrativi e grafici. Per loro è già partito il contratto di solidarietà.