Le vie della sinistra forse non sono finite ma è bene sapere che non sono infinite. Ce ne sono ancora, ma bisognerebbe imboccare quella giusta per sperare di riprendere un cammino. Un cammino che intanto non si fermi troppo a contemplare i risultati elettorali di domenica scorsa, compiacendosi in alcuni casi e avvilendosi in altri.

E che, al contrario, provi a ripartire, anzi ad accelerare. Semmai, chiedendosi per andare dove e come arrivarci. È qui il fulcro della riflessione-discussione che sta attraversando i vari soggetti che si sono candidati alle recenti elezioni comunali, presentando nuove liste, frutto di nuove aggregazioni, nuove modalità, nuove esperienze.

Tentativi che, sebbene restituiscano riscontri contraddittori, indistintamente tutti avvertono l’urgenza di deciderne il prosieguo. Potendo già contare sulla maggiore consistenza di chi vi ha partecipato (con alcune renitenze) e sulla convinzione con cui sono stati agiti (con alcune ambiguità).

Ed è indispensabile che quel cammino continui. Se non altro per arginare l’impeto furente del movimento cinquestelle, che soprattutto a Roma e a Torino ha vistosamente cannibalizzato i tradizionali insediamenti sociali della sinistra. Cosa del resto prevedibile, anche se forse non nelle proporzioni immaginate, considerando che da tempo i presidi popolari erano rimasti sguarniti o avevano progressivamente cambiato orientamenti e connotati. Ed è per questa ragione che le sterminate periferie urbane, trascurate se non del tutto abbandonate, sono state i luoghi dove più agevolmente è cresciuto il sostegno politico al movimento di Beppe Grillo e più imbarazzante è risultata la distanza dei consensi elettorali.

Se poi allo sfondamento dei cinquestelle si affianca la persistente solidità del Partito democratico, seppur indebolita e sempre più contaminata, il bisogno di avviare un percorso autonomo e alternativo appare ancor più necessario. Sempre che non si voglia trovare conforto nelle collaudate ma sempre più consunte e scolorite alleanze con il Pd, o in improvvisati e goffi avvicinamenti, entrismi di varia caratura in direzione opposta, verso le sponde grilline. Oppure rientrando da dove si era deciso di uscire, riprendendosi il proprio armamentario e rifugiandosi nei propri nobili ma stentati ridotti, nei partiti di appartenenza, nelle rassicuranti pratiche di movimento, nelle consolatorie attività associative: magari solo per illudersi di resistere.

Per quanto sgradito, è di fronte a questo panorama politico che ci si trova ad agire. È difficile trovare spazi? Ancora più arduo distinguersi e affermarsi? Sì, è così, è proprio così. E allora non resta che assumerne piena consapevolezza, riaffermare le proprie ragioni e attrezzarsi al meglio.

In giro per l’Italia ci sono segnali confortanti, il più prezioso viene da Napoli, ma non è il solo, in tante città si rafforzano e si sviluppano realtà politiche intelligenti e combattive. C’è un diffuso desiderio, una caparbia intenzione di partire, di ripartire, di cambiare approcci e linguaggi, oltreché sembianze.

Le elezioni hanno comunque depositato un risultato, che per la prima volta tutti hanno contribuito a raggiungere e dunque appartiene a tutti e non solo ad alcuni. È un inizio. Per prima cosa va consolidato aggregando non solo chi ne è stato già partecipe ma soprattutto chi di sicuro sentirà di aderirvi, unirsi, affiancarsi. È l’impegno su cui è stata improntata la campagna elettorale: non finirà, ci sarà un dopo. E quanto meno come tappa provvisoria, il modello con cui comporre questo progetto politico è quello dell’associazione. Un’associazione che non si contrapponga con chi è già strutturato e accolga chi invece non lo è; che non chieda a nessuno di abbandonare appartenenze, identità, storie o sentimenti d’indipendenza; che si proponga di includere e favorisca l’incontro e lo scambio; che agisca democraticamente e democraticamente scelga e decida; che sia strumento di lotta politica e anche di ricerca culturale, di produzione di immaginari; che aiuti a ritrovare passioni, emozioni, suggestioni, orgogli; che sia capace di lasciarsi alle spalle ostilità, diffidenze e riluttanze.
Non ancora un nuovo soggetto politico, ma di sicuro una forma politica nuova.