Qualcuno lo chiama «trojka per tutti». È il «patto per la competitività» che il governo tedesco vorrebbe varare al Consiglio europeo che si apre oggi: un insieme di regole che ricorda molto da vicino quello che accade in Grecia e Portogallo, dove a dettare legge sono Fmi, Bce e Commissione europea. E cioè: «aiuti» in cambio di «riforme strutturali». Nei desideri di Berlino c’è un sistema di controllo delle politiche economiche dei partner continentali che di democratico non ha nemmeno la parvenza.

Se venisse approvato, il «patto per la competitività» obbligherebbe i governi degli stati dell’Unione europea a sottoscrivere veri e propri «contratti» («contractual arrangements», nella neolingua comunitaria) con la Commissione, nei quali gli esecutivi si impegnano a fare ciò che impone Bruxelles: solo così potrebbero ottenere gli aiuti necessari a non fallire quando si trovano nei guai. In tutto ciò, quale sarebbe il ruolo dei parlamenti, nazionali ed europeo? Praticamente nessuno.

Non è detto che la volontà dell’esecutivo tedesco si traduca già con il vertice odierno in norme vincolanti: ma è solo questione di tempo. Anche perché un mutamento di rotta non è alle viste, purtroppo: il discorso di ieri dalla cancelliera Angela Merkel di fronte al Bundestag (la Camera tedesca) ha dissipato ogni dubbio al riguardo. Per la leader democristiana (Cdu), la gestione della crisi della zona euro è stata giusta, e occorre procedere sul cammino tracciato. Eventualmente, anche «cambiando i trattati Ue». Ma non per renderne più democratiche le istituzioni, semmai per stringere ancora di più il controllo tecnocratico sui singoli stati.

Non tutto ciò che viene dalla Ue è buono per Merkel, tuttavia. La cancelliera ha avuto parole dure verso la Commissione presieduta da José Manuel Barroso, colpevole di lesa maestà: da ieri si sa che Bruxelles ha messo in sotto osservazione Berlino per il trattamento di favore che la legge tedesca sull’energia garantirebbe alle imprese nazionali. «Sono aiuti di stato mascherati, contro il principio della libera concorrenza sancito dal diritto Ue», sostiene la Commissione. «Difenderemo tutto ciò che garantisce la nostra forza economica e i posti di lavoro nel nostro Paese», ribatte la cancelliera. Prima di volare a Parigi per incontrare il presidente François Hollande nella prima visita ufficiale del suo terzo mandato, in parlamento Merkel ha dovuto ascoltare le pesanti critiche piovute dalle minoranze.

Sahra Wagenknecht, vicecapogruppo della Linke, le ha ricordato il drammatico bilancio delle politiche di austerità del Sud Europa: «Nei tre mesi che avete impiegato per fare la grosse Koalition, in Grecia ci sono stati 120 suicidi, 45mila famiglie sfrattate in Spagna e 10mila piccole e medie imprese fallite nell’intera area». La deputata più carismatica del maggior gruppo di opposizione ha accusato la cancelliera di attuare una politica in cui «non c’è nulla di cristiano», evocando – fra le proteste della Cdu – la recente Esortazione apostolica di Papa Francesco, quella che si scaglia contro «l’economia dell’esclusione». Per Wagenknecht il «patto per la competitività», una volta approvato, imporrà agli stati che firmeranno i contractual arrangements con Bruxelles «meno tasse sui profitti, licenziamenti nel settore pubblico, limitazione del diritto di sciopero, attacchi ai contratti nazionali di lavoro».

Dalle file dei Verdi accuse di insensibilità sul tema dei migranti. «Il governo è indifferente – ha sostenuto la capogruppo ecologista Kathrin Göring-Eckardt – di fronte a un problema enorme: la Germania e l’Ue devono aiutare l’Italia nelle operazioni di accoglienza. E profughi e richiedenti asilo devono poter scegliere liberamente dove stabilirsi in Europa, al contrario di quanto prevedono le norme attuali». Voto insufficiente anche sulla gestione della crisi in Ucraina: «dobbiamo essere al fianco dei dimostranti, non lasciarli in ostaggio del presidente russo Putin».

Al debutto da partito di governo, la socialdemocratica Spd è apparsa in imbarazzo. Negli interventi dei suoi rappresentanti sono risuonati molti «bisogna fare di più contro la disoccupazione», «occorre agire meglio sul tema immigrazione»: tutte formule che tentavano di salvare capra e cavoli, e cioè le critiche del passato alla politica di Merkel e il nuovo ruolo di alleati nella «grande coalizione». Se il buongiorno si vede dal mattino, per la Spd non sarà una legislatura facile.