È alle 18. No, anticipato alle 16. Macché, slitta alle 21. Contrordine: tutti a palazzo Chigi alle 19. Per parlare di cosa? Ma delle concessioni per le autostrade, no? È lì che si è arenato il decreto Milleproroghe, imponendo la convocazione di questo inedito consiglio dei ministri bis. E invece no, perché è saltata fuori all’improvviso un’altra grana. La norma che prevede per la Sicilia la possibilità di spalmare il disavanzo del 2018 nell’arco di un decennio, per Italia viva «è un dito in un occhio a tutti gli amministratori che si fanno in quattro per rispettare le regole». Parola di Luigi Marattin, attaccante della squadra renziana. Quella norma deve cambiare oppure devono essere resuscitati gli obblighi di risanamento fissati proprio da Renzi quando era premier e cancellati dal governo Conte 1. Sarà poi lo stesso Marattin a annunciare l’accordo: «Alla misura di favore per la regione si è aggiunta la nostra proposta, cioè di affiancare precisi obblighi di riduzione della spesa corrente che dovranno prendere corpo nei prossimi 90 giorni, altrimenti il periodo entro cui il disavanzo potrà essere spalmato tornerà a 3 anni».

Ma non è tutto qui perché i 5 Stelle vogliono che il Piano innovazione, bloccato da Iv e dal Pd perché scritto con la collaborazione di Davide Casaleggio, dunque sospetto di conflitto di interessi, parta subito. Se non tutto almeno in parte.

AGENDA FITTA, tensione alta. Alla fine nell’ordine del giorno viene inserito in testa il caso Sicilia. Del resto si occuperà un po’ la stessa riunione, molto un vertice di maggioranza inizialmente previsto per ieri notte e poi sconvocato. Al termine del cdm si svolge solo un «incontro tecnico» sul Piano innovazione. Il guaio grosso, quello delle concessioni, terrà banco nel vertice, quando si terrà. Il ginepraio è doppio. C’è la revoca della concessione ad Aspi, sulla quale la decisione è stata affidata a palazzo Chigi, che si pronuncerà a gennaio. Saranno fuochi d’artificio dal momento che Di Maio è irremovibile: «Il minimo che si possa fare è togliere le concessioni a Benetton», ripete, mentre Renzi è di parere opposto. Ma c’è anche, intrecciatissimo, quell’articolo 33 sul quale nell’ultimo consiglio dei ministri Iv ha fatto mettere a verbale il proprio dissenso, mossa che prelude di solito a un voto contrario in parlamento. È la norma che da un lato prevede la sospensione dell’aumento dei pedaggi, dall’altro affida ad Anas l’immediata gestione in caso di revoca della concessione.

SU QUEL PASSAGGIO Aspi dà già battaglia legale, chiedendo un risarcimento di 23 miliardi, pari all’intero valore della concessione. La lettera, indirizzata ai ministeri dei Trasporti e dell’Economia, è arrivata ieri. Atlantia, la società dei Benetton che controlla Aspi, si appiglia all’articolo della convenzione che permette la rescissione in caso di «sostanziale cambiamento delle regole»: ciò che appunto si verificherebbe con l’art.33 del Milleproproghe. Lo scontro si riflette immediatamente in borsa, dove Atlantia crolla perdendo il 4%. Ma gli investitori temono anche, e forse soprattutto, il passaggio in base al quale l’indennizzo verrebbe ridotto all’osso, dovendo l’azienda addossarsi le riparazioni per danni dovuti alla propria inadempienza. Il crollo di Aspi, che senza più le entrate autostradali e senza risarcimento si troverebbe pesantemente esposta con le banche, non coinvolgerebbe solo Atlantia ma tutti i possessori di azioni: Allianz, la cinese Silk Road, Fondi pensioni vari. È l’argomento principe adoperato da Iv: il rischio di una totale perdita di credibilità che sconsiglierebbe agli investitori di tutto il mondo la piazza italiana.

IL GOVERNO NON INTENDE cedere e può contare sulla relazione della Corte dei Conti, molto severa con Atlantia, accusata di non aver curato la manutenzione e di aver pensato essenzialmente ai profitti a scapito dell’interesse degli utenti e della lealtà con lo Stato. Iv promette però di tenere duro. Dal punto di vista formale e istituzionale vanta ottime ragioni. Il programma prevedeva infatti la revisione generale del sistema delle concessioni. La scelta di modificarne pesantemente una parte con un articolo infilato nel Milleproroghe è poco accettabile e lo stesso Pd vorrebbe affrontare l’intera questione apertamente nei prossimi mesi.

I 5S replicano di non poterselo permettere: «O così o non teniamo più i gruppi». I quali sono comunque in via di implosione. Il ministro dell’Istruzione Lorenzo Fioramonti mediterebbe le dimissioni a breve, anche con l’intento di dar vita, insieme a parecchi altri deputati 5S, a un gruppo autonomo ma sempre interno alla maggioranza. La stabilizzazione appare ogni giorno di più una chimera.