E così anche Pietro Ciucci ha dovuto lasciare, nonostante nelle ultime settimane avesse spiegato che sarebbe arrivato a fine mandato, fino al 2016: l’Anas è stato toccato dalle inchieste sul “Sistema” Incalza, con alcune intercettazioni compromettenti, e soprattutto da mesi continuano a crollare pezzi di autostrade, specialmente in Sicilia: l’ultima qualche giorno fa, il pilone dell’asse che unisce Catania a Palermo, dividendo l’isola in due. Ciucci ha rassegnato le dimissioni da presidente dell’Anas ieri mattina, dopo un colloquio con il nuovo ministro delle Infrastrutture, Graziano Delrio.

Nove anni alla guida della maggiore stazione appaltante del Paese (una delle presidenze più longeve), Ciucci è uscito di scena accompagnato da una breve nota dell’Anas: Pietro Ciucci ha comunicato al ministro Delrio – si legge – «la sua intenzione di rimettere l’incarico di consigliere e di presidente di Anas a partire dall’Assemblea degli azionisti per l’approvazione del bilancio 2014, che verrà convocata a metà maggio». La decisione, continua il testo diffuso dall’ente controllato al 100% dal Tesoro, è stata presa «in segno di rispetto per il nuovo ministro al fine di favorire le più opportune decisioni in materia di governance di Anas».

Al di là delle formule di rito, la pressione su Ciucci si era fatta piuttosto pesante, soprattutto dopo l’avvicendamento al ministero Lupi/Delrio, con il desiderio espresso dal governo di operare una «bonifica» rispetto ai sistemi di potere precedenti. E ieri l’esecutivo ha fatto capire che le dimissioni sono state richieste, e quindi dopo la nota Anas ha espresso soddisfazione: «Una decisione molto apprezzata che apre la strada a una nuova stagione per i lavori pubblici e per l’Anas, in sintonia con la discontinuità che si sta avviando anche al ministero dei Trasporti», ha dichiarato alle agenzie una “fonte ministeriale”. Decisione, quella di rimettere il proprio incarico di consigliere e presidente, presa durante un incontro definito «franco» con il ministro Delrio.

Apprezzano Sel e M5S. «Le infrastrutture non possono essere soggette a procedure di emergenza e gare al massimo ribasso», dice Arturo Scotto (Sel). E Alessandro Di Battista (M5S): «È il filone iniziato con l’arresto di Incalza e le dimissioni di Lupi, è l’ora delle pulizie. Scandali scoperti, ministri costretti a dimettersi».

A far intendere che l’Anas non fosse fuori dal sistema di potere che gestiva i lavori pubblici una confidenza intercettata dal Ros dei carabinieri sul crollo del viadotto lungo la Palermo-Agrigento («C’era un giro di bustarelle che fa paura», dice uno degli intercettati). Stefano Perotti, ingegnere coinvolto nelle inchieste e vicino a Ercole Incalza, aveva legami molto stretti con diversi dirigenti Anas, e dall’inchiesta si capisce che riusciva a vedere i bandi prima dei concorrenti: il bando «risponde all’azione che abbiamo fatto noi», «dentro avevo chiesto che venisse specificato che…», dice in una intercettazione dei Ros riguardo a una gara.

Sempre a quanto risulta dagli Atti dell’inchiesta sul “Sistema Incalza”, Giulio Burchi, ex presidente di Italferr, nel settembre 2013, in vista del lavoro sulla Salerno-Reggio Calabria rassicurava così Perotti: «In Anas siamo già blindatissimi, anzi… non ti preoccupare, sono stato a cena con Stefano (Liani, dirigente Anas, ndr), anche con Ugo (Dibennardo, direttore centrale di progettazione, ndr)… No, no, lì siamo a posto… siamo proprio a posto».

L’autostrada crollata in Sicilia ha creato un problema enorme per la viabilità e l’economia dell’isola, con accuse e rimpalli di responsabilità tra Anas, governo nazionale e Regione. «Lo scaricabarile del governo non può più funzionare – dice il governatore Rosario Crocetta – Dall’esperto della Presidenza del Consiglio mi sarei aspettato una telefonata o la richiesta di un incontro e non certo dichiarazioni scomposte e irrazionali. L’esperto di Renzi deve chiedere scusa».

Crocetta non ha digerito le parole di Erasmo D’Angelis, esperto del premier per «Italiasicura», che aveva attaccato la Regione: «Quel versante franato poteva essere messo in sicurezza, e Anas e Regione dovevano intervenire dieci anni fa e nessuno lo ha fatto», aveva detto D’Angelis.