M5S fa salire la temperatura social e mediatica. Ma con robetta buona al più per reagire ai sondaggi in calo cercando consensi facili sul fronte interno, magari con mosse da dilettanti allo sbaraglio che rischiano alla fine di far danno.

Solidarietà ai gilet gialli, frecciate a Macron, viaggi in tandem Di Maio-Di Battista, attacchi a spese e indennità dell’euro-parlamento, da ultimo il franco africano, la voglia colonialista di Parigi. Probabilmente la rinnovata intesa Francia-Germania basta e avanza per spazzar via i conati di entrambi i dioscuri di governo. E ci angoscia una domanda: la nostra reazione più efficace è nella conta dei morti in mare, o nella nomina Unesco di Banfi?

Per contro, continua il black-out sulla richiesta di autonomia differenziata di Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna. Una prima tappa interlocutoria del 15 gennaio è passata in silenzio, e il termine del 15 febbraio si avvicina. Abbiamo già detto che la vicenda è stata ed è giuridicamente e politicamente inaccettabile.

Non ci ripetiamo. Ma vogliamo segnalare un saggio di Viesti: Verso la secessione dei ricchi? Autonomie regionali e unità nazionale. Può essere scaricato gratuitamente dal sito www.laterza.it, e in 52 pagine dice quel che avete bisogno di sapere. Conferma quel che ho scritto: chi ha messo l’autonomia differenziata come priorità nel contratto di governo o non sapeva, o sapeva e non capiva, o sapeva, capiva e dolosamente voleva.

I parlamentari M5S sono eletti in larga parte nel Sud, votati da cittadini in prospettiva danneggiati dal disegno in atto. Ma a nostra conoscenza solo la senatrice napoletana Nugnes ha preso una posizione di pubblico e argomentato dissenso. Ci scusiamo se stiamo dimenticando altri. Ma, nell’insieme, un fragoroso silenzio, o insignificanti compitini di maniera e difese di ufficio.

Eppure quei parlamentari, se al secondo mandato, non hanno niente da perdere perché la regola M5S vieta ulteriori candidature. Se al primo mandato, rischiano che il silenzio costi la perdita del secondo. Quindi, potrebbero permettersi il coraggio, o avrebbero addirittura convenienza a farne mostra. Stupidità politica? Vigliaccheria congenita? Subalternità? Istinto lemming suicida?

Stupisce, poi, che i difensori del parlamento per l’ultima legge di stabilità nulla dicano sull’intento, non smentito, che il disegno di legge governativo sulla maggiore autonomia passi nelle camere senza possibilità di emendamento, votando solo sì o no. Magari con l’aiutino di una questione di fiducia. Eppure, la legge di stabilità vale per un tempo breve, ed è sempre modificabile. L’autonomia differenziata incide sulle sorti e sull’unità del paese a tempo indeterminato, e in modo potenzialmente irreversibile. È persino sottratta sia al referendum abrogativo sia al futuro referendum propositivo, tanto temuto dagli studiosi benpensanti.

Dove sono le anime belle del parlamento senza se e senza ma?

Il gatto è fuori dal sacco, e non si può farvelo rientrare. Autonomia e soldi saranno – piaccia o no – al centro della competizione politica ed elettorale. Per M5S sarebbe devastante l’accusa di tradire il Sud, dopo averne avuto voti a valanga. Non basterebbe a parare la botta il reddito di cittadinanza, provvedimento certo apprezzabile in un paese con milioni di poveri assoluti e relativi. E che tuttavia per la crescita del Mezzogiorno non è – lo diciamo pacatamente – più di un piatto di lenticchie.

Non si illuda M5S di sottrarsi alle responsabilità: molti sarebbero pronti a impedirlo. La questione dell’autonomia differenziata, se pienamente acquisita dall’opinione pubblica, può avere un tale impatto da incidere sugli equilibri politici nazionali. Un eventuale tracollo nel Sud renderebbe plausibile lo scenario di M5S ricondotto alla sua genesi di contenitore di varia protesta, lontanissimo dai consensi del 2018. In prospettiva, M5S potrebbe tornare terzo partito dopo il centrodestra e una coalizione di centrosinistra che fosse intanto riuscita ad avviare la ricostruzione dalle macerie del renzismo.

Nello scenario descritto è possibile – o probabile – la fine ingloriosa di una breve stagione a Palazzo Chigi, densa di speranze e di disastri. Come consolazione, va detto che M5S si confermerebbe forza di cambiamento. Nella scala dei cambiamenti, il proprio suicidio politico è al primo posto.