L’autonomia differenziata si farà entro la fine della legislatura e ogni regione potrà farne richiesta. Si partirà dal modello dell’Emilia Romagna sostenuto dal Pd e preso ad esempio dal ministro degli affari regionali Francesco Boccia (Pd) che ieri ha incontrato prima il governatore del Veneto Luca Zaia (Lega) e poi quello emiliano Stefano Bonaccini (Pd) a Bologna. Oggi a Milano con il leghista Attilio Fontana Boccia completerà il primo giro di presentazione con i governatori che hanno siglato già nel 2017 una pre-intesa con il governo Pd a guida Gentiloni. Due anni fa è stato affermato il principio secondo il quale territori con un maggior reddito pro capite, e quindi con un maggior gettito fiscale, hanno diritto a un maggior livello di servizi. Questa idea è stata definita «secessione dei ricchi» dall’economista Gianfranco Viesti.

«Non voglio perdere tempo, non ripartiremo da zero, già da domani ci sarà un tavolo tecnico – ha detto Boccia – Alcune cose bisognerà cancellarle o riscriverle, ma l’impatto generale è assolutamente condivisibile». E, parlando dell’autonomia emiliano-romagnola Boccia ha aggiunto: «Non vogliamo buttare via il lavoro fatto. Bonaccini aveva presentato le sue proposte, condivise con le parti sociali e ho preso atto anche dei rilievi fatti. Ci sono le sue proposte che ha molto senso lasciare sul territorio. Ad esempio, di quanti studenti debba essere una classe è giusto che lo dica la regione». Sembra così riaprirsi il capitolo della regionalizzazione della scuola che sembrava essere stato chiuso dopo lo scontro tra i Cinque Stelle e la Lega nell’altro governo presieduto sempre da Giuseppe Conte. Al nuovo giro Boccia ha cambiato le parole d’ordine che avevano accompagnato la prima fase dell’autonomia differenziata pentaleghista. Dopo l’incontro con Zaia ha escluso di trattare l’argomento «come manganello contro una parte del paese». E ha introdotto il tema della «sussidiarietà» e della«lotta alle disuguaglianze». Il governo «Conte Due» (Pd+M5S+LeU+Italia viva di Renzi) non vuole «fare passare l’autonomia come una lotta di ricchi contro poveri». «La proposta dell’Emilia Romagna va in questo senso» ha continuato Boccia.

La strategia del neo-ministro che ha sostituito la leghista Erika Stefani prevede dunque un cambio di priorità. Non più la definizione dopo un anno dei fabbisogni standard e solo dopo tre anni dei livelli essenziali di prestazioni. «Un meccanismo inaccettabile – ha detto Boccia – lo Stato ha la forza, le competenze e i numeri, per definire subito i livelli essenziali e vogliamo costruire un sistema che diventi subito una lotta senza quartiere alle diseguaglianze». Boccia vuole capire«se scuole, nidi, livelli delle infrastrutture, servizi alla persona «debbano essere uguali indipendentemente da ceto e censo. Non lo voglio scoprire fra tre anni, lo voglio scoprire subito».

Sotto il profilo delle competenze, l’Emilia-Romagna (a differenza del Lombardo-Veneto leghista) non ha chiesto una vera e propria regionalizzazione della scuola con il passaggio dei dirigenti scolastici e del personale degli uffici del Miur alle dipendenze della regione e poi con il reclutamento su base territoriale dei docenti o il passaggio di competenze in materia energetica. Ha chiesto maggiori competenze per se stessa: se vi è un problema nazionale di certezze di fondi per l’edilizia scolastica interessa che sia risolto nel proprio territorio. Il principio resta lo stesso per le tre regioni: i territori con un maggior reddito pro capite, e quindi con un maggior gettito fiscale, hanno diritto a un maggior livello di servizi.

«L’autonomia differenziata è un punto fermo del programma del nostro governo. Vogliamo farla, e farla bene, ma in maniera coerente e deve diventare lotta alla diseguaglianze, tra Nord e Sud» ha detto Boccia. Su queste basi vuole riaprire il negoziato con Zaia e Fontana che hanno chiesto di acquisire tutte le competenze in una visione molto aggressiva dell’autonomia istituita dalla riforma del titolo V della Costituzione realizzata in maniera affrettata dal «centrosinistra» nel 2001 per cercare di contendere ai berlusconian-leghisti lo spazio del governo. Non ci riuscirono. Berlusconi infilò cinque anni di governo.