Con l’interdizione dai pubblici uffici i giudici hanno risolto il problema Rixi. Ma al confermato Di Maio arriva la diffida di Salvini: l’autonomia è tra le sei «condizioni inderogabili» per la sopravvivenza del governo. Intanto, due audizioni: il 28 maggio la ministra Stefani nella commissione bicamerale per le questioni regionali, il 29 il sottosegretario Giorgetti in quella per l’attuazione del federalismo fiscale.

Entrambi confermano che Lep, costi e fabbisogni standard non saranno definiti prima delle intese. Si parte dalle funzioni e dai poteri che vengono trasferiti, e si fa riferimento alla spesa storica. Poi si vedrà. Ma non si dice che è ormai dimostrato come il Sud sia nel complesso sotto-finanziato nella spesa storica rispetto al Nord, con una spesa pro-capite minore. Si tace sul punto che Lep e fabbisogni standard sono rimasti al palo perché avrebbero evidenziato la necessità di un travaso di risorse dal Nord al Sud. Silenzio sulle distorsioni a danno del Sud, come ad esempio la distribuzione del fondo sanitario parametrata sull’età. Ancora silenzio sulla quantificazione delle maggiori risorse al Nord che comunque verrebbero con l’autonomia. Né si rileva che la garanzia alle tre regioni stipulanti del livello di risorse acquisito perpetuerebbe le distorsioni. Sull’ormai celebre caso degli asili nido la Stefani dice solo che non riguarda l’art. 116. Mentre Giorgetti, sul ricorso di decine di comuni contro l’iniqua distribuzione del fondo di solidarietà, commenta che ci penseranno i giudici.

Dal dibattito pubblico finalmente avviato emerge il vero nodo politico: la vulgata del Nord virtuoso ed efficiente e del Sud incapace e accattone, fondamento della maggiore autonomia, è una mistificazione in larga parte smentita dalle cifre. Lo dicono anche le elaborazioni della Sose. Si evidenzia così il disegno politico di abbandonare l’obiettivo in Costituzione prioritario di sanare il divario strutturale Nord-Sud. Invece, si vuole liberare dal peso dei vagoni più lenti la locomotiva del Nord, per favorirne la competitività e l’aggancio all’Europa. Il resto del paese si arrangi.

Stefani ci dice che negli ultimi mesi è stato cercato un punto di «equilibrio di sistema». Ma si regionalizzano o no scuola, sanità, beni culturali, porti, aeroporti, ferrovie, strade, autostrade, tutela e sicurezza del lavoro, ambiente, e magari anche la dichiarazione di equivalenza dei farmaci? Dove si colloca il punto di «equilibrio»? Cosa rimane della potestà legislativa dello stato di dettare principi fondamentali e di formulare politiche nazionali, e in quali materie? Trasformiamo surrettiziamente la Repubblica una e indivisibile in una confederazione?

Lo dirà il dettaglio delle intese raggiunte, che però intanto rimangono segrete. I membri della Commissione, ha precisato la Stefani, possono consultare i documenti presso il ministero. Ma quello che serve è una piena conoscibilità, perché si possa avviare il più ampio dibattito, prima della stipula e dell’approvazione con legge.Va ricordato anche l’esclusione delle altre regioni richiedenti da un comune tavolo di confronto.

Quanto alla emendabilità delle intese, sembra di capire che la Stefani pensi alla formulazione di indirizzi in sede parlamentare su pre-intese, che verrebbero successivamente firmate. Rimarrebbe ai presidenti delle camere la decisione sulla emendabilità della conseguente legge di approvazione. Ma il punto nodale è che quella legge non conterrebbe le intese in dettaglio. In tal modo il problema rimarrebbe tal quale, perché al parlamento sarebbe alla fine precluso entrare nel merito. Nemmeno sappiamo quanta parte del trasferimento di poteri e risorse sarà definita dopo l’approvazione della legge con dpcm in base alle determinazioni di commissioni paritetiche ministero-regione. Rimane quindi il nodo – evidenziato da Tria – di non poter conoscere prima gli oneri sulla finanza pubblica, e quanto la riforma costa, a chi. Per Stefani chi al Sud si batte contro l’autonomia è irresponsabile. Ma rimangono l’oscurità, i pesantissimi dubbi di incostituzionalità, e soprattutto la sensazione di un grande imbroglio perpetrato ai danni del Mezzogiorno. Vale quel che diceva Abramo Lincoln: «È possibile ingannare alcuni per sempre, tutti per qualche tempo, ma non tutti per sempre». Chi vuole intendere, intenda.